Live 2 from abc berlin, la fiera della non-commercialità suggerita. Ancora foto dagli Artribune reporters
“Qui sembra tutto una non-commercialità suggerita”. Riassume perfettamente il clima di questa abc 2011, il commento di un passante che abbiamo pizzicato all’uscita della fiera. Berlino, dunque, resta la capitale della produzione artistica, ma ancora cerca di giustificare la sua inevitabile necessità di vendere. Infelice o voluto, il gioco di Pablo Rasgado (Arratia, Beer, Berlin)? […]
“Qui sembra tutto una non-commercialità suggerita”. Riassume perfettamente il clima di questa abc 2011, il commento di un passante che abbiamo pizzicato all’uscita della fiera. Berlino, dunque, resta la capitale della produzione artistica, ma ancora cerca di giustificare la sua inevitabile necessità di vendere.
Infelice o voluto, il gioco di Pablo Rasgado (Arratia, Beer, Berlin)? Il suo cognome significa in spagnolo “strappato”. E Rasgado compone la sua violenta tela con pezzi di cartongesso strappati dalla parete datagli a disposizione all’abc. Di una tale rigorosità che non può che convincere è la parete che condividono Chris Vasell (team gallery inc., New York), Andy Boot (Croy Nielsen, Berlin) e Gerda Scheepers (Micky Schubert, Berlin). L’insieme è il più riuscito di tutto l’abc. Quest’ultima presenta delle tele che sembrano delle grandi lavagne sulle quali son state disegnate le piante di alcuni appartamenti. Ogni tanto però alcuni oggetti prendono una tridimensionalità che “stona”, denotandone così l’importanza per chi li ha disegnati. Ceal Floyer (Esther Schipper, Berlin) presenta Taking a Line for a Walk. L’aveva già presentata alla sua personale ai Kunstwerke di Berlino nel 2009. Nonostante si tratti di una ripetizione per il pubblico berlinese, questo strumento per marcare linee bianche su campi sportivi d’erba abbandonato lì, dopo aver tracciato una linea sinuosa che non serve a nessuno, continua a far sorridere e soprattutto a convincere. L’Ohne Titel (senza titolo) di Andreas Slominski (Giò Marconi, Milano; Galerie Neu, Berlin) sembra una porta automatica di un garage installata al contrario. Non si apre, non si muove. Eppure la sua presenza è singolare e molto forte, quasi un astratto. La parete assegnatagli però è nella parte finale del muro in cartongesso, quasi tocca i muri della vecchia stazione. Così installata, l’opera rimane purtroppo senza spazio per poterla apprezzare da distante.
E per concludere c’è Matias Faldbakken (Giti Nourbakhsch) nel capannone finale, più piccolo e forse meno riuscito per l’eccessiva musealità voluta nell’istallare le opere. Il danese presenta una catasta di vecchie cassette VHS (tutti titoli pornografici) che lega violentemente fra loro con numerose cinghie dai forti colori: sembra voler impedire con questo gesto che il visitatore ceda al desiderio di rubarne una. Un gesto così eccessivo che sembra quasi barocco. Di fianco installa l’opposto: una tela di prezioso lino belga grezzo sul quale disegna, senza nemmeno troppo impegno, una linea con un indelebile.
– Micaela Cecchinato
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