Artribune Magazine è un freepress, d’accordo. Però è un freepress particolare, con un ruolo tutto suo, che ha una mission raggiungibile solo grazie ai nostri illustri lettori. Leggete come
Il magazine cartaceo di Artribune è appena al secondo numero (e mezzo), e proprio per questo la nostra attività di ricerca-feedback è fervente. Facendola semplice: sentiamo i punti di distribuzione (non tutti e milmille, qualcuno a campione) e ci facciamo raccontare qual è la reazione del pubblico, cosa dicono, chi lo prende, chi non lo […]
Il magazine cartaceo di Artribune è appena al secondo numero (e mezzo), e proprio per questo la nostra attività di ricerca-feedback è fervente. Facendola semplice: sentiamo i punti di distribuzione (non tutti e milmille, qualcuno a campione) e ci facciamo raccontare qual è la reazione del pubblico, cosa dicono, chi lo prende, chi non lo prende, quanto dura la “fornitura” di copie che inviamo e qualsiasi altro riscontro che ci possa essere utile, a noialtri neonati dell’editoria culturale, per correggere il tiro. Ecco la volete sapere la cosa che ci fa indispettire sopra ogni altra? Cosa normale, scontata, ovvia per un freepress, ma che vorremmo correggere e non sappiamo come fare senza la vostra totale collaborazione? Non è facilissimo da spiegare: il problema attiene ai lettori fissi, affezionati. A coloro, insomma, che utilizzano il “Punto Artribune” come se fosse un’edicola dove, per ogni numero, si va a prendere la propria copia.
Automaticamente e a gratis, chiaro. Niente di più lineare, penserete voi. In effetti è così. Però, vuoi o non vuoi, la cosa cozza con quello che ci eravamo proposti quando abbiamo immaginato questa tipologia di distribuzione. Nella nostra velleitaria weltanschauung i punti dove le riviste vengono distribuite gratuitamente servono, volta per volta, a solleticare la curiosità di nuovi (nuovi!) lettori, potenziali appassionati, pubblico in più per il mondo della cultura. Nella nostra velleitaria visione del mondo chi già conosce e apprezza la rivista vi si abbona, evitando di sottrarre copie in libera consultazione ai nuovi possibili adepti. In modo che la “base imponibile” possa allargarsi sempre di più, in modo che il pubblico degli artlovers, anche grazie al nostro lavoro di informazione, approfondimento e aggiornamento, cresca di numero trovando uno strumento agile e comprensibile per decifrare un mondo alle volte troppo chiuso.
Se tutte le decine di migliaia di copie che mandiamo in giro vengono saturate da chi (succede anche questo) se le fa “mettere da parte” dal distributore di fiducia, tutto questo viene meno e non riusciamo a fare a dovere quel che ci siamo proposti e che riteniamo sia giusto. Beh, come la vedete?
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