Giorni felici? Per la biennale newyorkese Performa sembra proprio di sì: opening con Elmgreen & Dragset, poi venti giorni di live show ad altissimo livello
Un autoritratto tragicomico basato su Happy Days di Samuel Beckett, e sul libro Seven Days in the Art World di Sarah Thornton. Che si trasformano in Happy Days in the Art World, il titolo dello spettacolo con il quale Elmgreen & Dragset inaugurano a New York la quarta edizione della biennale Performa. Una rassegna in […]
Un autoritratto tragicomico basato su Happy Days di Samuel Beckett, e sul libro Seven Days in the Art World di Sarah Thornton. Che si trasformano in Happy Days in the Art World, il titolo dello spettacolo con il quale Elmgreen & Dragset inaugurano a New York la quarta edizione della biennale Performa. Una rassegna in piena salute che non pare risentire del diffuso pessimismo finanziario, che convoca quindi un carnet di protagonisti di livello stratosferico, in molti casi con commissioni specifiche assegnate – e quindi prodotte – dalla stessa Performa. E che, con la biennale Prospect in corso a New Orleans, riporta sul territorio Usa l’attenzione dell’artworld globale, dopo il lungo tour più o meno europeo che ha toccato in sequenza Lione, Salonicco, Istanbul e Mosca.
Una rassegna che ormai ha guadagnato il primato nell’esplorazione del ruolo critico del live show nel contesto del ventesimo secolo, e nell’esplorazione delle direttrici del fenomeno performance per il ventunesimo secolo. Calendario fittissimo dunque fra il 1 e il 21 novembre, spalmato su una miriade di location newyorkesi, dal MoMA al New Museum, alla Japan Society. Qualche nome? Da Shirin Neshat, Simon Fujiwara, Gerard Byrne, Ragnar Kjartansson, anch’essi destinatari di commissions, a Otomo Yoshihide e Christian Marclay, Pablo Helguera, Milan Knížák, Jonathan Meese, Andrei Monastyrski, Dennis Oppenheim, Guido Van Der Werve, Raphaël Zarka.
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