London Updates: cinematografo Tate. Ecco a voi le nostre foto del Film sui film di Tacita Dean alla Turbine Hall
Tutto in una settimana. O quasi. Se tutti i grandi eventi autunnali londinesi scelgono – con qualche eccezione un poco snob – di “battere un colpo” nella settimana di affollamento frieziano, poteva mancare un appuntamento forte come la nuova installazione delle Unilever series per la Turbine Hall, nel tempio Tate Modern? No, ed infatti – […]
Tutto in una settimana. O quasi. Se tutti i grandi eventi autunnali londinesi scelgono – con qualche eccezione un poco snob – di “battere un colpo” nella settimana di affollamento frieziano, poteva mancare un appuntamento forte come la nuova installazione delle Unilever series per la Turbine Hall, nel tempio Tate Modern? No, ed infatti – lunedì scorso, addirittura in anticipo – si è inaugurata Film, di Tacita Dean.
L’artista britannica, autrice, tra l’altro, di film-ritratto di artisti nell’età della vecchiaia (come Merce Cunningham, Mario Merz e, recentemente, Cy Twombly), dedica un ritratto al film stesso come mezzo artistico, alla sua tradizione e al suo destino. Una pellicola muta di 35 metri e 11 minuti, proiettata sul muro est in fondo alla galleria, in un formato verticale di 13 metri. Ciò che vediamo è proprio una striscia di celluloide, come ci lasciano immaginare i bordi bianchi e traforati ai lati del film, che servono ad agganciare la pellicola al proiettore.
Dean rende omaggio alla fisicità della pellicola attraverso una sequenza di immagini in cui sono esibite le possibilità tecniche offerte dal mezzo artistico: i tagli, le sovrapposizioni, gli sfumati, la combinazione di colori e bianco e nero, la fotografia, i filmati d’archivio, la tradizione surrealista e quella astratta, il genere dell’home movie, ecc. L’uso di palloni e bolle che cadono lentamente, o di correnti, fontane e scale mobili, che riempiono lo schermo, rafforza l’effetto dello scorrere verticale della pellicola. E, non a caso, una figura ricorrente in Film è la montagna che richiama il vecchio logo della Paramount Pictures e, allo stesso tempo, il luogo magico del Monte Analogo (l’inglese “analogue” significa anche “analogico”) descritto nell’omonimo romanzo di avventura di René Daumal del 1944.
Vale la pena ricordare che, quando nel febbraio di quest’anno il Soho Film Laboratory, che produceva pellicole da 16 mm, ha annunciato la chiusura, Tacita Dean ha commentato la notizia come un evento “devastante” per la sua attività artistica. Film è un inno all’analogico, alle possibilità che ancora restano da esplorare finché vi sarà un laboratorio che produce pellicole. E gli fa eco il seducente catalogo che lo accompagna, con i contributi di artisti, musicisti e registi (tra i quali, Jean-Luc Godard, Martin Scorsese e Steven Spielberg), che spiegano perché l’analogico conta.
– Mauro Senatore
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati