Barack Obama? Lo voglio vestire io. E dopo Palazzo Grassi e Punta della Dogana continua lo shopping italiano di monsieur Pinault. Con Brioni
La cosa, specie in questo momento politico-economico, ha diversi livelli di lettura. Da una parte si può osservare un’Italia depressa, che si vende i gioielli di casa e per giunta a quegli antipatici dei francesi. Con corollario triste per le griffe che hanno fatto grande il Made in Italy, che via via prendono il largo […]
La cosa, specie in questo momento politico-economico, ha diversi livelli di lettura. Da una parte si può osservare un’Italia depressa, che si vende i gioielli di casa e per giunta a quegli antipatici dei francesi. Con corollario triste per le griffe che hanno fatto grande il Made in Italy, che via via prendono il largo per approdare a isole felici oltreconfine (anche Parmalat e addirittura Bulgari di recente sono state divorate da colossi d’Oltralpe). Dall’altra può stimolare un – modesto – sussulto d’orgoglio, nel pensare che un tycoon francese come Francois Pinault ancora una volta, per raffinare il suo impero verso la soglia del lusso assoluto, è dovuto venire a pescare in Italia.
Di che stiamo parlando? Della notizia secondo la quale la holding francese PPR, controllata dalla famiglia Pinault e già notoriamente titolare di Gucci e con questa di Bottega Veneta, fra l’altro, ha acquistato il 100% del marchio Brioni, la griffe leader nel segmento dell’alta sartoria per uomo. Un’azienda che veste personaggi come Donald Trump e il presidente Usa Barack Obama, tanto per intenderci, con oltre 30 punti vendita nelle più grandi città del mondo, dal Messico al Giappone, Usa, Russia, Cina, India, Spagna. Per portarsi a casa la società abruzzese, oggi controllata dagli eredi dei fondatori della storica sartoria, Nazareno Fonticoli e Gaetano Savini, Pinault sborserebbe qualcosa come 350 milioni di euro.
Insomma il gruppo Pinault-Printemps-Redoute (PPR, appunto) continua il proprio attivismo italiano, incessante negli ultimi anni, a 360 gradi su tutte le eccellenze. Dopo il rilancio di Palazzo Grassi e il lancio di Punta della Dogana (forse architettonicamente il centro d’arte contemporanea migliore dell’intera Penisola), dopo l’inizio delle attività del sontuoso Museo Gucci (ne parleremo diffusamente nel prossimo numero di Artribune Magazine), ecco l’eccellenza sartoriale di Brioni. Biasimo per essere conquistati o sollievo per essere invasi da chi le cose, poi, le sa far funzionare (per lo meno meglio di noialtri)?
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati