Torino Updates: ma si può continuare a fare una fiera in sti posti desolati e dimenticati da dio? Nel piazzale del Lingotto neppure un minimo di segnaletica, solo vento e pozzanghere
Il nostro parere lo vogliamo dire chiaro. Al di là della riflessione sull’eccessivo numero di fiere in Italia, riflessione che abbiamo fatto e che faremo più diffusamente ancora in futuro, vorremmo qui discettare sul rapporto perverso tra le fiere d’arte ed i quartieri fieristici. Luoghi perlopiù indegni di ospitare eventi di business, trasandati, sciatti, dove […]
Il nostro parere lo vogliamo dire chiaro. Al di là della riflessione sull’eccessivo numero di fiere in Italia, riflessione che abbiamo fatto e che faremo più diffusamente ancora in futuro, vorremmo qui discettare sul rapporto perverso tra le fiere d’arte ed i quartieri fieristici. Luoghi perlopiù indegni di ospitare eventi di business, trasandati, sciatti, dove – per colpa di qualche appalto malamente assegnato – si mangia malissimo, i sevizi igienici non sono affatto igienici, l’aspetto dei locali è sciatto, non invoglia a comprare, non invoglia a spendere, gli spazi per lavorare (sale stampa e dintorni) sono angusti e non facilitano la vita a chi dovrebbe promuovere gli eventi ospitati. È il cascame di gestioni clientelari e politiche, per cui ad amministrare gli enti fiera non sono i migliori manager, ma gli amici degli amici o, magari, i politici trombati.
Il livello di inospitalità di Artissima così come è collocata nell’Oval del Lingotto è clamoroso. Basti sapere al lettore che in questi giorni non è transitato a Torino, che la fiera è allestita in un padiglione ai margini più esterni del quartiere fieristico, nascosta, invisibile dal 90% dell’immenso piazzale che la separa dalla stazione della metropolitana. Stazione nella quale è assente qualsivoglia segnaletica. Segnaletica che non c’è neppure fuori, segnaletica che manca sul piazzale, percorsi pedonali completamente inesistenti, pozzanghere grandi come le Paludi Pontine prima del Ventennio. Sentite questo dialogo ascoltato a fine mattinata di domenica alla biglietteria – anche questa collocata nel bel mezzo dello spiazzo del Lingotto – della fiera Ar-tò, dirimpettaia di Artissima: “ma scusi dov’è Artissima?“. “Liggiù, là dietro. All’Oval“. “Ma dove, non lo vedo“. “In quella direzione, deve camminare un po’. All’Oval“. “Ma all’Oval al Valentino?“.
Insomma il visitatore aveva addirittura perduto le speranze che Artissima fosse effettivamente al Lingotto. Ora ci chiediamo: è accettabile che i servizi, la segnaletica e la comunicazione di un quartiere fieristico siano inferiori a quelli di un ex carcere (giusto per fare i confronti con l’altra fiera allestita in questi giorni a Torino)? E comunque non è certo soltanto un problema di Artissima: Arte Fiera e MiArt sono forse in condizioni migliori? Hanno servizi più efficienti? Sono collocate in ambienti più piacevoli, godibili, che spronano i visitatori a star bene e dunque a spendere? Niente affatto. E allora cosa aspettano gli organizzatori delle fiere, quando possono, ad affrancarsi dai quartieri fieristici?
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