Ornaghi si fa bello per quattro gatti nei musei a Natale. E intanto gli altri “professori” gli sfilano 67 milioni di euro dalle tasche!
“Non c’è male, tiriamo avanti, basta la salute, e basta accontentarsi”. Toni di questo tenore, tipici delle risposte delle persone di una certa età a chi domandi loro Il fatidico “Come va?”, sembrano regnare anche nella parrocchia ministeriale del Collegio Romano, era Ornaghi. Toni bassi, ottimismo peloso, ambizioni bandite quasi fossero un peccato, e bontà […]
“Non c’è male, tiriamo avanti, basta la salute, e basta accontentarsi”. Toni di questo tenore, tipici delle risposte delle persone di una certa età a chi domandi loro Il fatidico “Come va?”, sembrano regnare anche nella parrocchia ministeriale del Collegio Romano, era Ornaghi. Toni bassi, ottimismo peloso, ambizioni bandite quasi fossero un peccato, e bontà diffusa, che è pure Natale. Certo, a volte si cade nel ridicolo, come quando si rilascia un comunicato ufficiale, con tanto di dichiarazioni virgolettate, per gioire dei successi di musei e monumenti italiani in questi giorni di festa. Numeri clamorosi, tendete l’orecchio: un totale di visitatori pari a 63.745, registrati nei giorni di Vigilia, Natale e Santo Stefano dai trenta siti culturali più visitati del Paese. Avete letto bene, 63mila e rotti: il Louvre da solo fa quasi 9 milioni di visitatori all’anno, che fanno più di 70mila in 3 giorni, e noi non arrossiamo ad esultare quando i 30 siti più visitati messi insieme ne fanno di meno. “La loro adesione – scrive don Ornaghi rivolto ai benemeriti frequentatori di musei – è un invito a rinvigorire il nostro impegno perché la cultura continui ad esercitare un ruolo di primaria importanza nella vita del Paese”. Se l’impegno porta risultati simili, qualcuno magari toccherà pure ferro…
Il ministro Ornaghi deve essere stato molto impegnato di pallottoliere, a contare questi gloriosi 60mila che se si sforza potrebbe individuare e ringraziare pure per nome: forse un po’ troppo impegnato, tanto da distrarsi davanti ad altri conteggi, magari un pochino più importanti per la cultura italiana. Già, perché nel frattempo qualche “professore” un po’ più scaltro gli – anzi ci, noi popolo dell’arte&C. – ha sfilato dalle tasche la quisquilia di 67 milioni di euro. Oggetto: la ripartizione della quota destinata dallo Stato all’otto per mille. Negli anni passati circa il 70% dei 140 milioni arrivati dalle denunce dei redditi andavano ai beni culturali: ora un blitz di fine anno ha azzerato quel già risicatissimo ma preziosissimo budget, che già era stato ridotto dal Tesoro a 67 milioni. Motivo ufficiale: necessità improrogabili legate a interventi sulle strutture del sistema carcerario. “Dobbiamo completare l’edilizia carceraria per permettere la detenzione salvando i diritti fondamentali dell’uomo”, avrebbe dichiarato in proposito il ministro della Giustizia, Paola Severino. Ed evidentemente il collega Ornaghi ha accettato di buon grado: tanto, in Italia – ed i casi Pompei e Colosseo sono solo gli ultimissimi evidenziati dalle cronache – non ci sono urgenze legate all’architettura e all’archeologia, non ci sono monumenti, palazzi storici, biblioteche, chiese, affreschi che hanno bisogno di restauri. Tanto il patrimonio artistico-archeologico non è la prima industria italiana, capace di muovere il 15% del PIL: può pure marcire nel silenzio, il benessere dei carcerati non si discute. Eppoi, Ornaghi potrà sempre contare sui biglietti di quei 63.745. O sulla speranza che l’edificazione delle nuove carceri venga affidata a qualche grande studio di architettura, trasformando i penitenziari stessi in beni culturali…
– Massimo Mattioli
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