Trent’anni di Fondazione Palazzo Albizzini, il regalo di compleanno di Città di Castello sarà Piazza Burri. E un futuro centro d’arte che fa polemica prima di nascere…

Se a Roma ancora tarda a vedere la luce Piazza Boetti – così dovrebbe essere intitolato l’ampio spazio antistante al Maxxi -, a farsi avanti con un omaggio artistico-toponomastico è l’Umbria. Nel corso dell’incontro tenutosi oggi – 12 dicembre – a Città di Castello in occasione del trentennale della Fondazione Palazzo Albizzini – Collezione Burri, […]

Se a Roma ancora tarda a vedere la luce Piazza Boetti – così dovrebbe essere intitolato l’ampio spazio antistante al Maxxi -, a farsi avanti con un omaggio artistico-toponomastico è l’Umbria. Nel corso dell’incontro tenutosi oggi – 12 dicembre – a Città di Castello in occasione del trentennale della Fondazione Palazzo Albizzini – Collezione Burri, il sindaco della cittadina alto tiberina ha annunciato che fra i progetti in cantiere per celebrare i due musei e con essi il grande artista che dà loro il nome, c’è l’intitolazione dell’attuale Piazza Garibaldi, che diverrebbe così Piazza Alberto Burri. Ma non sarebbe solo il nome a cambiare, sul grande spiazzo sul quale si affaccia proprio Palazzo Albizzini, sede della sezione “storica” della collezione: lo stesso artista aveva infatti concepito un nuovo look per la piazza, con un grande monumento già progettato a sua firma che campeggerebbe al centro.
Ma non sarebbe soltanto questa l’iniziativa di rilievo: legato all’artista e di conseguenza alla vocazione che la sua presenza ha trasmesso alla città, ci sarebbe anche il progetto di creazione di un Centro di documentazione per l’arte contemporanea nei bellissimi spazi di Palazzo Vitelli a Sant’Egidio. Ma su questo non mancano le polemiche, levatesi già alle prime avvisaglie: chi pagherebbe? Ovvero: il palazzo sarebbe nelle intenzioni acquistato da parte della Fondazione Cassa di Risparmio di Città di Castello dall’attuale proprietario (Banca Intesa-San Paolo); ma poi chi si farebbe carico della gestione? E qui le risposte istituzionali restano ancora criptiche… Ma viene da sollevare anche altri interrogativi: che significa esattamente oggi, nell’era del 2.0 diffuso, un Centro di documentazione per l’arte contemporanea? E quale ruolo rivestirebbe, tale da motivare investimenti consistenti?

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