C’era un albanese a Parigi. La Francia già pensa alla Biennale Arte del 2013, padiglione nazionale consegnato al “giovane” Anri Sala
Esiste una ragione plausibile per negare a un professionista – artista o curatore che sia – un tempo congruo per preparare un appuntamento importante come ancora è una Biennale di Venezia? Se esiste, qualcuno ce lo spieghi: ci spieghi perché – senza valide motivazioni – David Chipperfield debba fare una corsa a ostacoli in pochi […]
Esiste una ragione plausibile per negare a un professionista – artista o curatore che sia – un tempo congruo per preparare un appuntamento importante come ancora è una Biennale di Venezia? Se esiste, qualcuno ce lo spieghi: ci spieghi perché – senza valide motivazioni – David Chipperfield debba fare una corsa a ostacoli in pochi mesi per organizzare la sua Mostra di Architettura, quando la sua nomina poteva avvenire già da un anno, quando non era accettabile neanche la scusa dell’incipiente scadenza di mandato del presidente Baratta, che poi si è trasformata nel romanzo che tutti conoscono.
Lo sappiamo, ci ripetiamo, ma a ricordarci che si può fare diversamente ci pensano i soliti francesi, che già anno scelto – con un anno e mezzo di anticipo – chi sarà a rappresentarli alla Biennale Arti Visive del 2013. E la notizia non è di poco conto: l’artista segnalato è infatti l’albanese di nascita Anri Sala, dal 1996 basato fra Parigi e Berlino. E la scelta segna una decisa inversione di tendenza nelle opzioni transalpine, che per la prima volta cadono su un creativo relativamente giovane – è nato nel 1974 -, dopo tante edizioni che avevano visto il padiglione occupato da artisti established comunque ultracinquantenni, da Christian Boltanski lo scorso anno, a Claude Lévêque nel 2009, Sophie Calle nel 2007, Annette Messager nel 2005, Jean-Marc Bustamante nel 2003.
Ora la scelta di Sala, personaggio già ampiamente inserito nel top level internazionale, rappresentato da gallerie del calibro di Hauser & Wirth e Marian Goodman. La sua video installazione Dammi i colori, che riflette sulla trasformazione della sua città di Tirana, in Albania, è attualmente in mostra al Tate Modern, giusto per citare un esempio. E anche alla Biennale di Venezia non è un esordiente: presente già nell’edizione 1999 in una collettiva di artisti albanesi, nel 2001 vinse il Premio Giovani Artisti con il suo film Uomoduomo, ambientato nel Duomo di Milano, testimonianza di un rapporto che anche con l’Italia – è un artista di Alfonso Artiaco – è sempre stato molto intenso, con grandi mostre nel 2003 al Castello di Rivoli e nel 2005 – Long Sorrow – con la Fondazione Nicola Trussardi a Milano.
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