E dopo la figlia, la moglie. Miccichè sul caso Riso: troppe clientele, il dirigente Campo ha le sue mire. E intanto salta l’assemblea pro-Museo
Continua a Palermo la guerra civile della cultura. Mentre il movimento I Cantieri che vogliamo si riunisce in una nuova assemblea plenaria negli spazi della Zisa, l’assemblea convocata questa sera dal comitato Cittadini per il Museo Riso, presso il Museo palermitano, viene improvvisamente e clamorosamente annullata. L’ordine arriva dall’alto: il dirigente generale Gesualdo Campo (proprio […]
Continua a Palermo la guerra civile della cultura. Mentre il movimento I Cantieri che vogliamo si riunisce in una nuova assemblea plenaria negli spazi della Zisa, l’assemblea convocata questa sera dal comitato Cittadini per il Museo Riso, presso il Museo palermitano, viene improvvisamente e clamorosamente annullata. L’ordine arriva dall’alto: il dirigente generale Gesualdo Campo (proprio quello della famosa circolare che richiamava all’ordine i funzionari troppo criticoni) trova un po’ di cavilli amministrativi e valuta che la manifestazione (a cui erano invitate le Istituzioni) non sia in regola. Pericolo scansato: portoni chiusi e cittadini in agitazione evitati.
Ed è proprio di Campo che si chiacchiera oggi nell’ambiente, a seguito di un’ANSA uscita stamattina e ripresa da qualche blog locale. A parlare è Gianfranco Miccichè, tirato in ballo sullo spinoso affaire Riso in memoria di quell’accordo siglato, ai tempi in cui era Viceministro dell’Economia, per Sensi Contemporanei (di fatto il germe istituzionale da cui si originò Riso).
Scagliatosi in questi giorni contro Lombardo e la sua “banda”, in un’accorata difesa del Museo, Miccichè sostiene di non essere affatto il “big sponsor del direttore Sergio Alessandro e, anzi, di conoscerlo appena: un conto è la stima per il lavoro svolto, un conto la clientela.
E a proposito di sponsorizzazioni eccellenti, veniamo allo scoop. Ecco che Miccichè tira fuori una vecchia storia, abbastanza curiosa e – se vera – illuminante. Pere che, nel periodo in cui era presidente dell’Assemblea Regionale, Gesualdo Campo gli manifestò la sua intenzione di piazzare alla direzione di Riso una “ottocentista”, ovvero la non altrimenti nota “signora Campo”. Sua moglie, per l’appunto. Immediata la reazione del presidente: ma come, a capo di un museo d’arte contemporanea ci metti una che si intende d’Ottocento?! Testimone delle sotterranee mire – per fortuna svanite nel nulla – anche il Presidente Lombardo, a cui Micciché si premurò di raccontare il fatto.
Mere falsità? Macché. Campo, che altrimenti avrebbe dovuto querelare, conferma e minimizza. E del resto un aiutino alla consorte il Dirigente l’aveva già dato, quando, provocando un discreto polverone, l’aveva promossa da dirigente del Polo museale di Catania a capo dell’Unità operativa per i beni storici-artistici presso la Soprintendenza etnea (con una indennità annuale che da 5.164 euro schizzava a 15.494)
E non è tutto qui. Nota alle cronache è anche la vicenda che vide protagonista la figlia, Giordana Campo, piazzata per “chiamata diretta” in qualità di esperta-esterna nella sede di Bruxelles della Regione siciliana. Uno dei tanti personaggi dai cognomi eccellenti, assunti senza l’ombra di un concorso.
La solita vocazione clientelare della politica italiana? Certo un Museo come Riso, con i suoi 100.000 visitatori all’attivo e i suoi 12 milioni nel cassetto, non aiuta a far perdere le vecchie abitudini…
– Helga Marsala
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