I commenti sotto pseudonimo? Di altissima qualità. Il “commenting” diventa una scienza esatta, ed un service Usa ci fa pure una ricerca statistica
Articolo dedicato ai tanti di voi che, appena letta una news – o un report, o un articolo in primo piano – su cui volete dire la vostra, vi precipitate a fondo pagina a cercare il riquadro con scritto “Lascia un commento”. Ebbene, se nel farlo utilizzate uno pseudonimo, appartenete alla categoria di maggioranza, e […]
Articolo dedicato ai tanti di voi che, appena letta una news – o un report, o un articolo in primo piano – su cui volete dire la vostra, vi precipitate a fondo pagina a cercare il riquadro con scritto “Lascia un commento”. Ebbene, se nel farlo utilizzate uno pseudonimo, appartenete alla categoria di maggioranza, e soprattutto lasciate commenti di altissima qualità.
Anche a noi di Artribune è capitato spesso di analizzare il fenomeno commento, nel tentativo di dargli una lettura avanzata in bilico fra modalità comunicativa e sociologia: ora arriva dagli Usa la notizia che di questo si è occupato Disqus, popolare piattaforma per commenti che costruisce comunità attive per siti web e blog. Che ha tratto delle statistiche dalla tipologia e qualità dei commenti, dividendo i commenti fra quelli lasciati sotto pseudonimo, quelli anonimi e quelli scritti con identità reale e verificata.
I primi, come si diceva, risultano essere la maggioranza, il 61 per cento, e sono “i contributors più importanti per le comunità online”. I commenti anonimi – il 35 per cento – sono di qualità decisamente inferiore, mentre soltanto il 4 per cento sono quelli lasciati sotto la reale identità, riscontrata con incroci con i social network. Che ve ne pare? Dati applicabili anche alla realtà italiana? Sotto – più che mai! – con i commenti…
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