L’architettura è un terreno comune. Si entra nel vivo, David Chipperfield presenta tema e linee guida della sua Biennale
Chiamato a succedere a Kazujo Sejima nella direzione della 13° Biennale d’architettura, David Chipperfield annuncia oggi il tema da seguire: Common Ground, letteralmente, terreno comune. Il terreno da indagare tracciato dal sirettore sembra essere uno, e cioè le connessioni che intercorrono nella pratica professionale dell’architettura, fatta da uomini che collaborano tra loro per ottenere qualcosa di più grande, di […]
Chiamato a succedere a Kazujo Sejima nella direzione della 13° Biennale d’architettura, David Chipperfield annuncia oggi il tema da seguire: Common Ground, letteralmente, terreno comune. Il terreno da indagare tracciato dal sirettore sembra essere uno, e cioè le connessioni che intercorrono nella pratica professionale dell’architettura, fatta da uomini che collaborano tra loro per ottenere qualcosa di più grande, di condiviso appunto. Questo perché l’architettura non è mai e mai sarà una disciplina a sé stante, slegata da ambiti economici, politici e sociologici. Occorre ricordarlo però, affinché non si generino incongruenze estetiche ed intellettuali. Vi sono dei vincoli, delle affinità, delle relazioni che legano le persone agli edifici, gli edifici alle loro città, le città ai propri territori, i territori al mondo. L’immagine che si intende comunicare sembra diversa da quella mediaticamente affascinante proposta oggigiorno: non singole personalità di spicco, bensì dialogo tra le parti, approfondimento e contributi specifici alla definizione di città.
Il numero di architetti chiamati a partecipare sarà inferiore rispetto a quello voluto dalla Sejima nel 2010, ma, in proporzione, il numero di persone che lavorerà nei progetti sarà superiore. Chipperfield ha infatti richiesto che siano indicati collaboratori esterni direttamente voluti non dai curatori ma dagli architetti, cosi che si creino nuove sinergie, come cerchi che si allargano nell’acqua. In particolare, dovrà esistere una connection tra passato, presente e futuro: includere riferimenti a chi – precedendoti – può averti indicato la strada, e rivolgere lo sguardo a chi – venendo dopo – seguirà le tue orme (nuove generazioni). Abbattuti i confini geografici, stilistici e anagrafici, ogni cosa acquista il suo valore specifico.
– Giulia Mura
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati