L’Armory di Hong Kong. Progetto da 50 milioni di dollari, tutto pronto per l’inaugurazione del nuovo avamposto polifunzionale dell’Asia Society
La struttura? Risale alla metà del XIX secolo, costruita dall’esercito inglese come magazzino per gli esplosivi, e poi caduta in disuso negli anni ‘80. L’Asia Society di New York avrà una nuova prestigiosa struttura per il proprio satellite ad Hong Kong, con un progetto dello studio newyorchese Tod Williams Billie Tsien Architects che verrà inaugurato […]
La struttura? Risale alla metà del XIX secolo, costruita dall’esercito inglese come magazzino per gli esplosivi, e poi caduta in disuso negli anni ‘80. L’Asia Society di New York avrà una nuova prestigiosa struttura per il proprio satellite ad Hong Kong, con un progetto dello studio newyorchese Tod Williams Billie Tsien Architects che verrà inaugurato al pubblico il mese prossimo. Una progettazione durata una diecina di anni, per la quale l’Istituto ha stanziato circa 50 milioni di dollari.
Gli architetti hanno ristrutturato i quattro edifici esistenti, aggiungendone un altro che manterrà lo sviluppo orizzontale. Nei quattro edifici sono stati progettati spazi espositivi museali, un teatro, biblioteche, mentre nel nuovo edificio si troverà il caffè, lo shop e una mostra permanente che racconterà lo sviluppo della nuova struttura. Il progetto esprime la volontà di affermare la propria presenza in una regione centrale per l’operato dell’organizzazione – e che con l’approdo quest’anno di Art Basel avrà un ulteriore slancio in ambito artistico -, creando un sempre più stretto legame tra Asia e Usa.
L’Asia Society venne fondata nel 1956 da John D. Rockefeller per promuovere la conoscenza della cultura asiatica, e proprio la sua collezione di arte asiatica del VI secolo sarà la protagonista della mostra inaugurale di Hong Kong. Transforming Minds: Buddhism in Art – questo il titolo – verrà inaugurata il 10 febbraio e sarà affiancata da una mostra dedicata all’arte contemporanea asiatica, con artisti come Michael Joo, Mariko Mori e Zhang Huan.
– Martina Gambillara
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