La nostra guerra? Incendiare un’auto della Polizia. Il collettivo artistico russo Voina torna agli onori delle cronache, mentre si prepara a co-curare la Biennale di Berlino
“L’artista che nega la consapevolezza politica è solo un designer”. Questo datato motto, che sembra uscito da un discorso di Zhdanov o di Togliatti, ma comunque roba di molte diecine di anni or sono, è invece quello che, stando alla fondatrice Natalya Sokol, informa l’azione del gruppo artistico russo Voina. Quelli, per capirci al volo, […]
“L’artista che nega la consapevolezza politica è solo un designer”. Questo datato motto, che sembra uscito da un discorso di Zhdanov o di Togliatti, ma comunque roba di molte diecine di anni or sono, è invece quello che, stando alla fondatrice Natalya Sokol, informa l’azione del gruppo artistico russo Voina. Quelli, per capirci al volo, che ebbero un momento di fama globale lo scorso anno, quando – genialmente, va detto, e alquanto dadaisticamente – disegnarono un fallo su un ponte levatoio di San Pietroburgo, per il quale ricevettero un premio dal Ministero Russo della Cultura, che poi rifiutarono.
In primissima fila, insomma, quando si tratta di mettere la propria ”arte” sul piatto sociologico dell’impegno politico e civico, anche con azioni adolescenziali come fare sesso in pubblico (forse per épater les bourgeois? E torniamo in area surrealista, o giù di lì…). Comunque: se la cosa vi incuriosisce, dovrete aspettare solo pochi mesi per vederli – sono tanti, forse anonimi – all’opera, visto che Artur Żmijewski li ha nominati, assieme a Joanna Warsza, Associate Curators alla prossima Biennale di Berlino.
Ma perché parlarne ora? Perché l’ultima dell’indomito gruppo risale alla notte di Capodanno, quando – come testimonia il video che vedete sotto – ha preso d’assalto una stazione di polizia di San Pietroburgo e incendiato un veicolo parcheggiato all’interno. “Un dono per tutti i prigionieri politici della Russia”, è stato l’anarcoide commento seguito alla rivendicazione. Ma la Polizia assicura che si sia trattato di un corto circuito…
– Massimo Mattioli
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