Attenzione: tribnews da leggere solo entro mezzogiorno. Si parla di The Clock di Christian Marclay, acquisita in società da Tate, Centre Pompidou e Israel Museum

È la prima volta, che ci capita di pubblicare una news “a tempo”: e non c’è neanche tanto da stupirsi, visto che si parla di una notissima opera che si intitola The Clock. Oddio, non succederà nulla a chi magari la leggerà dopo la “fatidica” ora: eppure c’è un motivo per cui… Cominciamo dalle generali: […]

È la prima volta, che ci capita di pubblicare una news “a tempo”: e non c’è neanche tanto da stupirsi, visto che si parla di una notissima opera che si intitola The Clock. Oddio, non succederà nulla a chi magari la leggerà dopo la “fatidica” ora: eppure c’è un motivo per cui…
Cominciamo dalle generali: avrete capito che l’oggetto è il capolavoro di Christian Marclay, che molti di voi hanno potuto vedere anche la scorsa estate alla Biennale di Venezia, premiato con il Leone d’oro per il migliore artista, e che – per citare uno dei numerosi apprezzamenti – Jerry Saltz ha messo al primo posto nella sua personalissima top ten delle cose artistiche del 2011. Un film della durata di 24 ore composto da più di mille sequenze cinematografiche della durata di un minuto, in cui compare un riferimento visivo, verbale  o sonoro al tempo che scorre.
Ora giunge notizia che The Clock stato acquisito congiuntamente da tre musei: la Tate Modern di Londra, il Centre Pompidou di Parigi e l’Israel Museum a Gerusalemme. Una modalità di comproprietà che forse non ha precedenti nella storia: anche perché l’accordo prevede che l’opera non sia mai esposta in contemporanea. Per cui, a conti fatti, quattro mesi a testa!
E veniamo alla “scadenza” oraria: il fatto è che su YouTube circola un clip di tre minuti dell’opera, e non vogliamo perdere l’occasione per condividerlo con voi. Però si tratta del brano che inizia alle 12.04, e l’entente cordiale con cui l’artista l’ha concesso è che il pubblico lo guardi all’orario corrispondente, riscontrando la progressione sul proprio orologio. Perché non accontentarlo?

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Redazione

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