E contro le liberalizzazioni si schiera anche lui, il mondo della cultura. Federculture se la piglia col governo e presenta il suo pacchetto
L’incontro dedicato alle questioni culturali e rivolto all’esecutivo (più a Catricalà ed a Passera che a Ornaghi, ed è un segnale) era previsto, come vi avevamo anticipato nelle news di ieri. Era forse meno previsto che l’output dell’incontro sarebbe stato un vero e proprio pacchetto di emendamenti al Decreto Liberalizzazioni che Federculture, Anci e Fai […]
L’incontro dedicato alle questioni culturali e rivolto all’esecutivo (più a Catricalà ed a Passera che a Ornaghi, ed è un segnale) era previsto, come vi avevamo anticipato nelle news di ieri. Era forse meno previsto che l’output dell’incontro sarebbe stato un vero e proprio pacchetto di emendamenti al Decreto Liberalizzazioni che Federculture, Anci e Fai hanno presentato al governo.
Al grido di “le liberalizzazioni ingessano la cultura”, sono state richieste una serie di modifiche alle norme, contenute nel famoso decreto per il quale venerdì 10 febbraio scadono i termini per presentare emendamenti, riguardanti l’equiparazione ad enti pubblici tout court delle aziende speciali e fondazioni che gestiscono ad oggi la cultura in maniera privatistica pur essendo detenute da istituzioni. Qualche esempio? La Biennale di Venezia, o il Palaexpo di Roma. Se passeranno i provvedimenti così come sono questi enti non avranno più l’autonomia di un tempo, non potranno assumere senza concorso e non potranno trattare gli stipendi con i propri dipendenti. E questo solo per quanto riguarda la gestione del personale. C’è poi la famigerata legge 122 del 2010, quella che obbliga gli enti pubblici per l’anno successivo a spendere al massimo il 20% di quanto speso l’anno precedente: una tragedia. Anche qui Federculture chiede di tornarci su.
A seguire una richiesta di sburocratizzazione e semplificazione diffusa di tutto il settore: facile essere d’accordo. Una mozione, dio solo sa quanto necessaria, per una maggiore trasparenza sull’assegnazione dei -cospicuissimi- fondi della società Arcus. E ancora -qui entriamo nel trito e ritrito- norme fiscali che incentivino e facilitino l’afflusso di capitali privati, anche esteri. I convenuti non si sono fatti mancare una richiesta di destinare alla cultura alcuni fondi dell’8 per mille (ma tutti sono ben consci che il governo ha deciso di requisire, letteralmente, quei denari e destinarli all’emergenza carceraria) e una richiesta di sbloccare le tante leggi di settore ferme da secoli in Parlamento. Tra queste la legge sullo spettacolo dal vivo, quella sulle orchestre giovanili… della Legge Quadro sull’arte contemporanea nulla all’orizzonte però.
Al di là dei singoli punti, comunque, è positiva la mobilitazione e la scossa. Anche da queste colonne abbiamo più volte ammonito che l’iperattivismo del governo ha toccato tutti i punti della produzione e della ricchezza italiane salvo quello della cultura, incredibilmente dimenticato; oggi questo sollecito è stato fortemente ribadito. “Se si continuerà così” ha detto qualcuno tra i convenuti “si dovrà dire che Berlusconi ha ucciso la cultura in Italia, ma Monti l’ha creamata“. “In effetti” è il boss di Federculture Roberto Grossi a parlare “se non si metterà mano seriamente al pacchetto, il mondo della cultura italiano rischia nei primi mesi del 2012 di avere un tracollo del 20%“.
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