I retroscena tirano sempre, c’è poco da fare. Ed è così che dopo ArtLeaks, Julian Assange trova emuli anche nello spinoso ambientino degli architetti…
il più commentato? Ad oggi è Foster + Partners, di cui si dice sia un luogo da stacanovisti con punte di 90 ore di lavoro a settimana, spesso mal pagate. A seguire Oma, il regno di Rem Koolhaas, dove sembrano abusare dell’internship, pagando pochissimo gli stagisti, e Zaha Hadid, di cui si mettono in evidenza le difficoltà di rapporto […]
il più commentato? Ad oggi è Foster + Partners, di cui si dice sia un luogo da stacanovisti con punte di 90 ore di lavoro a settimana, spesso mal pagate. A seguire Oma, il regno di Rem Koolhaas, dove sembrano abusare dell’internship, pagando pochissimo gli stagisti, e Zaha Hadid, di cui si mettono in evidenza le difficoltà di rapporto con la forte personalità dell’anglo-irachena. Il primo degli italiani è lo studio Fuksas, di cui si lamenta l’organizzazione generale, soprattutto nei colloqui.
Dopo la bufera mediatica e giudiziaria che ha colpito il celebre sito Wikileaks, in molti si sono chiesti se fosse giusto rendere pubbliche, in maniera anonima, informazioni, di solito segrete, senza autorizzazione ufficiale. To leak significa proprio questo. Senza censura, e con uno scrupoloso sistema di verifica, per anni sul sito ufficiale è apparso di tutto. Ora, anche gli studi di architettura più famosi al mondo dovranno guardarsi le spalle. Archleaks è un sito appena nato, non ha – come non ne aveva il suo predecessore ArtLeaks – connessioni con il suo predecessore “generalista”, e pubblica, in inglese e in tedesco, i racconti anonimi di chi ha avuto un contatto diretto con i maggiori studi internazionali, rivelando quello che si nasconde dietro le loro facciate. Una volta postato il commento chiunque può dichiarare di essere d’accordo o meno con quanto scritto, portando alla cancellazione i post con troppi dissensi. L’idea è venuta a Sedat Byrak, un giovane architetto di Istanbul. E non di Londra (così riportato da molti siti) come lui stesso confida ad Artribune, che lo ha raggiunto via mail. Ovviamente le regole ci sono, e anche restrittive, per evitare che Archleaks diventi uno strumento di pubblico sfogo, perdendo in credibilità. Esclusi i commenti razzisti, le parolacce, e quelli che si basano su congetture e non fatti.
Per ora il sito, essendo nato da poco più di una settimana, ha pochi contributi e non è ancora nella versione ufficiale. Ma promette di ampliarsi e, tra un paio di settimane, di aprire la sezione in italiano. La crescita sarà inevitabile, perché Archleaks va a toccare un mondo sommerso, ricco di insoddisfazioni, invidie e delusioni, una bomba ad orologeria che ben presto scoppierà, non appena la notizia arriverà all’orecchio dei migliaia di architetti, giovani e frustrati, che popolano la folta schiera di studi internazionali…
– Zaira Magliozzi
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