A Marrakech è tempo di Biennale. Dalla politica all’arte contemporanea, il cambiamento è di casa in Marocco
Dici Marocco e pensi ad attentati, subbugli politici, tumulti, folle agitate e desiderose di riscatto. Pensi alla Primavera Araba e a quella spinta verso il cambiamento che sta attraversando angoli del Mediterraneo, ridefinendo logiche e assetti di sempre. E tutto questo non prescinde, certamente, da quella volontà di trasformazione che molto si fa sentire anche […]
Dici Marocco e pensi ad attentati, subbugli politici, tumulti, folle agitate e desiderose di riscatto. Pensi alla Primavera Araba e a quella spinta verso il cambiamento che sta attraversando angoli del Mediterraneo, ridefinendo logiche e assetti di sempre. E tutto questo non prescinde, certamente, da quella volontà di trasformazione che molto si fa sentire anche nella scena artistica marocchina. È in questo complicato contesto storico-politico e culturale che verrà inaugurata, il prossimo 29 febbraio, Higher Atlas, quarta edizione della Biennale di Marrakech, che arriva dopo il successo della Fiera dello scorso settembre. Il titolo prende il nome dall’omonima catena montuosa visibile da Marrakech, evocando al contempo l’idea di “esplorazione” (mentale o fisica) di terre sconosciute. Curata da Carson Chan, critico e curatore d’architettura, e Nadim Sammam, curatore indipendente e storico dell’arte, l’evento sarà ospitato in quattro location: il Théâtre Royal, una costruzione rimasta incompiuta; le cisterne di Koutoubia, sotto le fondamenta di una vecchia moschea; il Bank Al-Maghrib, palazzo situato a sud della vivace piazza Djemaa el-Fna; il Cyber Parc Arsat Moulay Abdeslam; la fondazione Dar Al-Ma’mûn. Un circuito di location storiche, urbane e rurali, rivitalizzate dagli interventi di 37 artisti, chiamati a costruire una piattaforma di dialogo tra differenti segmenti demografici e aree urbane.
Il format generale della Biennale si ripete, a distanza di sette anni dall’edizione inaugurale: artisti, registi e scrittori danno luogo a un contenitore eterogeneo in cui si mescolano linguaggi e prospettive.
Centrale, tra le mission dell’evento – il principale appuntamento con l’arte contemporanea del Nordafrica – è il tentativo di determinare una reale evoluzione dell’art system marocchino, perseguendo un respiro sempre più internazionale. Un sistema e un mercato giovanissimi, ma che dimostrano una vivacità progressiva, tra collezionisti in aumento e scambi sempre più frequenti con l’occidente: la Matisse Art Gallery, spazio di libera espressione e di ricerca per i giovani artisti, aprì nel 1999, mentre nel 2002 nacque la prima grande casa d’ste di Casablanca; nel 2009 comparve il primo magazine specializzato, Diptyk, e nel 2010 l’inaugurazione della Marrakech Art Fair.
Non solo rivolte e villaggi turistici, dunque, in Marocco. Ma un grande patrimonio storico, in cui il contemporaneo sta provando a insediarsi con vigore, nel segno di nuovi radicamenti e necessari processi di riscatto.
– Martina Gambillara
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati