Riffa o caccia al tesoro? Open Care apre i suoi caveau milanesi per un P(art)y molto speciale. Fra Bramantino e Darren Almond, s’è intrufolata anche la fotocamera di Artribune…
La visita ai caveau? A sorteggio! Troppi gli invitati, solo pochi fortunati sono potuti entrare fra magazzini e laboratori, per scoprire i tanti capolavori conservati. Dove? Nei caveau della società di servizi integrati per l’arte Open Care, del gruppo Cabassi, che ieri sera a Milano ha aperto i suoi spazi di via Piranesi a Milano […]
La visita ai caveau? A sorteggio! Troppi gli invitati, solo pochi fortunati sono potuti entrare fra magazzini e laboratori, per scoprire i tanti capolavori conservati. Dove? Nei caveau della società di servizi integrati per l’arte Open Care, del gruppo Cabassi, che ieri sera a Milano ha aperto i suoi spazi di via Piranesi a Milano – normalmente non accessibili ai visitatori – in occasione dell’evento P(ART)Y – Arte in festa, svelando tante preziose opere di collezionisti privati affidate all’azienda. Nel bellissimo Palazzo del Ghiaccio, una Natura Morta di Giorgio Morandi del 1950-51 si faceva minuscola nel bel mezzo della pista che una volta ospitava i pattinatori. Dopo questa ouverture molto scenografica, si passava ai caveau, 8.000mq di cui però i pochi “eletti” hanno potuto visitare solamente un’ala con una guida.
Tra i capolavori custoditi in questi labirinti di celle, un San Sebastiano del XV secolo di Bramantino, l’unica opera del Maestro rimasta in mani private, e restaurata da Open Care per poi venir esposta a maggio al Castello Sforzesco, e poi un commovente Ritratto di Carolina Zucchi di Francesco Ayez.
Tra le opere del Novecento, Concetto Spaziale, Attese del 1964 di Lucio Fontana, un 18 tagli su tela bianca presentato accanto ad una scultura di Pomodoro; L’Uccello di Fuoco di Afro del 1957; Alberto Savinio con una tela Senza Titolo del 1929, accostato a un bellissimo interno di Pirandello e ad un ritrovato De Pisis.
Ma c’è anche il contemporaneo nei caveau di Open Care: Darren Almond (1971), Fatma Bucak (1982), Anna Mostosi (1987) della collezione Unicredit. All’interno dell’edificio storicamente nato per ospitare i Frigoriferi Milanesi è allestita anche la mostra Making Space di Richard Cramp e Egemen Demirci, con opere realizzate durante il programma di residenza in Open Care, diretto dall’Associazione Fare, all’interno del progetto Global Art Programme, Waiting fo Expo 2015, tra i cui promotori c’è Fondazione Cariplo e Viafarini. Il lavoro di Cramp vuole monitorare i cambiamenti della realtà urbana milanese, accostando però degli spazi utopici come boschi, parchi, attraverso un collage fotografico e delle sculture. Demirci, da un lato analizza la costruzione di grattacieli, riprese però dall’alto diventando così dei cambiamenti impercettibili, dall’altro segue l’allestimento di una mostra, richiamando un cambiamento che in entrambe le situazioni è in via di sviluppo.
– Martina Gambillara
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