La fine del neobarocco. Un infarto stronca la vita di Omar Calabrese. Se ne va a 63 anni uno dei più grande intellettuali del paese
Alla scomparsa di un intellettuale, di un uomo di cultura, di un personaggio pubblico sarebbe dovere del cronista ripercorrere per sommi capi tutte le cose interessanti che il dipartito abbia esperito. Con Omar Calabrere il lavoro è improbo e necessita, come si vedrà, una serie di parentesi esplicative: semiologo, esperto di comunicazione, spin doctor, politico, […]
Alla scomparsa di un intellettuale, di un uomo di cultura, di un personaggio pubblico sarebbe dovere del cronista ripercorrere per sommi capi tutte le cose interessanti che il dipartito abbia esperito. Con Omar Calabrere il lavoro è improbo e necessita, come si vedrà, una serie di parentesi esplicative: semiologo, esperto di comunicazione, spin doctor, politico, critico e teorico dell’arte. La verità è che ne fece di tutti i colori, spesso risultando decisivo e cruciale con il suo intervento. Allo stesso tempo era esperto di naming (nessuno lo sa: alcuni celebri modelli di vetture avevano un nome inventato da lui) e assessore alla cultura (a Siena si deve a lui l’esistenza di un sofisticato sistema di segnaletica urbana, oltre che il restauro della Maestà di Simone Martini); critico d’arte (inventò il concetto e il movimento neobarocco) e direttore di museo (il Santa Maria della Scala); direttore di riviste (da Alfabeta a La Voce del Campo) e professore universitario (visiting professor in tutto il mondo e fautore principe dell’epopea di Scienze della Comunicazione, corso di laurea che segnò alla fin fine più nel bene che nel male gli anni Novanta); politico militante (nella Bologna del buon governo) e politologo (ve lo ricordate L’Ulivo di Romano Prodi? Ecco, se l’era grossomodo inventato lui); editorialista (in primis per il Corriere della Sera) e scrittore (di una infinità di libri e saggi che non ha senso ora elencare); autore televisivo, convegnista e potremo continuare con una infinità di parentetiche.
Nato a Firenze nel 1949, Omar Calabrese è morto colpito ad un cuore forse indebolito dai tanti anni di diabete, nella notte tra sabato 31 marzo e domenica 1 aprile 2012. È passato a miglior vita proprio lì dove avrebbe voluto farlo (certo, con parecchi anni di anticipo sulla data auspicata): nella sua casa di Monteriggioni assieme alla moglie, guardando la tv. Visto che era uno di quei professori che hanno un segno determinante nella formazione dei propri allievi, occorre ammettere che senza di lui chi scrive non avrebbe intrapreso i percorsi che poi si sono concretizzati. E che sia Artribune sia precedenti esperienze giornalistiche non sarebbero probabilmente mai nate nella forma in cui le abbiamo conosciute, realizzate, utilizzate, confezionate. Tutto ciò premesso per dire che non siamo qui semplicemente a lasciare un epitaffio, piuttosto a rivolgere un ringraziamento.
– Massimiliano Tonelli
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