Tutti di origine russa gli artisti sbarcati alla Family Business, il nuovo spazio newyorchese di Gioni e Cattelan. Un drink e due battute con la direttrice-curatrice, Daria Irincheeva
“La nostra galleria è come una camera d’albergo. Gli artisti arrivano, restano per un po’, quindi se ne vanno”. Sono parole di Daria Irincheeva, studentessa alla School of Visual Arts di New York e responsabile del project space Family Business, nuova creatura di Massimiliano Gioni e Maurizio Cattelan, aperta lo scorso febbraio in quel di […]
“La nostra galleria è come una camera d’albergo. Gli artisti arrivano, restano per un po’, quindi se ne vanno”. Sono parole di Daria Irincheeva, studentessa alla School of Visual Arts di New York e responsabile del project space Family Business, nuova creatura di Massimiliano Gioni e Maurizio Cattelan, aperta lo scorso febbraio in quel di New York. Qui, fino al 2 maggio, è lei a curare la mostra Toasting the Revolution, un omaggio all’ebbrezza dalle utopie rivoluzionarie e alla sete di cambiamento. Tutti arrivati dalla Russia gli artisti: Alexander Povzner, Anastasia Ryabova, David Ter-Oganyan, Alexandra Galkina, Sergey Sapozhnikov.
Esposizione dal taglio romantico e anche politico, che ricorda come i giovani creativi abbiano il diritto-dovere di credere in un mondo migliore, sul filo di suggestioni sessantottine in stile John Lennon.
E come per ogni opening finora organizzato dalla galleria, un’ondata di vitalissima gioventù informale e casual, è arrivata a Chelsea. “La nostra non è una galleria che si raggiunge in limousine. Meglio la in bici oppure o lo skate”, continua Daria, chiacchierando affabilmente e sorseggiando un drink. Mentre parlando della sua Russia e dell’incontro con la premiata ditta Gioni/Cattelan ci dice: “Il mondo dell’arte contemporanea russo è davvero piccolo e si svolge quasi unicamente a Mosca. Tutti conoscono tutti. Un vero e inevitabile family business. È proprio a Mosca che conosciuto per la prima volta Massimiliano Gioni. Stava preparando la mostra Ostalgia per il New Museum, io stavo lavorando alla V.A.C. Foundation, ente che ha collaborato a organizzare la parte russa dell’esposizione. Cattelan invece l’ho incontrato quest’estate, durante la prima settimana della Biennale di Venezia al party per la mostra Modernikon. Contemporary art from Russia”.
A proposito del suo ruolo di curatrice, Daria, si definisce una mezza vergine. “Ho venticinque anni e questo è un po’ il mio esordio. Durante il mio anno di lavoro con la V.A.C. foundation, ho avuto modo di essere coinvolta nell’organizzazione di diverse mostre internazionali. In particolare, è stato importante lavorare per Modernikon, co-organizzata insieme alla Fondazione Sandretto Re Redaudengo, per la cura du Francesco Bonami e Irene Calderoni. Curare una mostra per me p come come scrivere un libro: mon con parole, ma con gli oggetti. Quello che mi affascina di più? è Poter creare nuovi linguaggi e realtà attraverso la costruzione di un’esposizione”.
E a proposito della realtà Family Business, sorridente e con un bicchiere un mano, confessa: “Cattelan e Gioni, quando mi hanno scelto, mi dissero che erano curiosi di vedere quello che avrei combinato. E in effetti lo sono anch’io. L’unica raccomandazione che mi hanno fatto è di non prendere il progetto troppo sul serio. È nato per gioco, per fare piccoli esperimenti. E semplicemente un gioco deve rimanere”.
– Alessandro Berni
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