Dal fronte delle occupazioni un altro segnale “contro”. Un avviso di garanzia per gli occupanti. Succede a Palermo, al Teatro Garibaldi Aperto. Dopo Macao, comincia il periodo del pugno di ferro?
E dopo 36 giorni di presidio, con tanto di attività, spettacoli, concerti, dibattiti, assemblee, produzioni, tra le centinaia di spettatori che hanno invaso, tutte le sere, la platea, per il Teatro Garibaldi Aperto arriva adesso la stangata. Un brutto segnale, proprio nel momento più alto di entusiasmo e di coesione tra pubblico e operatori culturali coinvolti. È infatti […]
E dopo 36 giorni di presidio, con tanto di attività, spettacoli, concerti, dibattiti, assemblee, produzioni, tra le centinaia di spettatori che hanno invaso, tutte le sere, la platea, per il Teatro Garibaldi Aperto arriva adesso la stangata. Un brutto segnale, proprio nel momento più alto di entusiasmo e di coesione tra pubblico e operatori culturali coinvolti.
È infatti giunto ieri, 19 maggio, un avviso di garanzia per occupazione illecita, scasso e danneggiamento. Il destinatario? Uno degli occupanti, preso nel mucchio secondo una logica random. O meglio, secondo la logica del capro espiatorio: il giovane, guarda un po’, fa anche parte del movimento dei No Tav, dell’Anomalia, centro sociale palermitano, e del Cua, Centro Universitario Autonomo. Perfetta pecora nera da stigmatizzare, il più bad dei bad boys garibaldini. Un gesto strano, di chiara natura simbolica: tentativo, forse maldestro, di scoraggiare gli occupanti e di rallentare la corrente di energia che cominciava a montare troppo. In altri termini, mettere un po’ di panico sperando di raffreddare gli animi.
Ma il dato che colpisce, in tutta questa storia, è che quella palermitana sembra essere la prima denuncia istituzionale rivolta a uno dei movimenti impegnati oggi nella protesta per la liberazione di spazi culturali. Una vera e propria rete, fin qui dispensata dall’intervento delle questure. Unica eccezione il caso Macao, vittima di sgombero e di relative denunce, dopo dieci giorni di fervente attività all’interno dell’ormai celebre grattaglielo Galfa.
A Palermo nessuno sgombero, ma sola una improvvisa mossa intimidatoria. Arrivata – dettaglio che fa riflettere – proprio a pochi giorni dai fatti di Macao. Che sia partita la linea dura? Che il tempo del laissez faire stia cominciando a estinguersi? Che il gesto di Pisapia abbia funzionato da exemplum anche per le altre amministrazioni comunali?
Altrove, intanto, le cose stanno procedendo diversamente. Caso emblematico quello del Cinema Palazzo di Roma, abbandonato da tempo e occupato da oltre un anno, nel tentativo di sottrarlo alle grinfie di una società privata – la Camene spa – che voleva convertirlo in una gigantesca sala per il gioco d’azzardo, in barba al piano regolatore. Dopo un iter giudiziario, avviato dalla Camene contro gli intrusi rivoltosi, il tribunale civile ha dato ragione agli “ospiti”: occupazione legittima, con fini culturali, utile come deterrente contro un tentativo di speculazione edilizia che avrebbe modificato assetti sociali e urbanistici del quartiere. Sentenza clamorosa, che però non ha avuto seguito in altri contesti.
Intanto, nei giorni del 20 e 21 maggio, a Palermo si torna alle urne per eleggere il sindaco. Il vincitore, tra i due candidati finiti al ballottaggio, si troverà tra le mani anche la patata bollente del Garibaldi. Se la denuncia non dovesse funzionare, se gli animi dovessero anzi riscaldarsi ulteriormente – come pare che stia avvenendo – il neo sindaco dovrà misurarsi con una situazione complessa: tra registi ed intellettuali che mirano alla direzione, e il gruppo di autonomi che vorrebbe proseguire con il presidio simbolico, non sarà facile districarsi. Considerato, tra l’altro, che le casse del comune sono vuote e che l’unico “bene” lasciato in eredità è un disastroso buco finanziario. Un piano di spending review, con tanto di nuovi incarichi, tagli, ridistribuzione delle risorse, stesura di regolamenti e riformulazione dei modelli gestionali, dovrà necessariamente riguardare tutti gli spazi culturali, dai musei alle fondazioni, dai teatri stabili alle compagnie di ricerca.
Ma la soluzione dello sgombero, chi mai potrebbe avallarla? Non certo un sindaco che, sulla questione cultura, ha costruito gran parte la sua campagna elettorale. E allora, il veterano Leoluca Orlando, vincitore annunciato di questa contesa elettorale, cosa si inventerà per non fare la fine del burocrate Pisapia? Anche lui, come il collega milanese, se ne laverà le mani, magari risolvendo con un bando e qualche padiglione (i Cantieri alla Zisa?) per accogliere i dissidenti?
– Helga Marsala
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