Ora la chiamano Piazza Macao. E i Lavoratori dell’Arte ci hanno piazzato le tende. Cronaca di un lungo presidio milanese, mentre Pisapia fa la sua offerta: vi tolgo il Galfa e vi do l’Ex Ansaldo
L’hanno ribattezzata Piazza Macao, quella porzione di strada tra Via Galvani e Via Fara, proprio davanti la Torre Galfa. Da più di 15 ore un fiume di gente è radunata qui, in assetto di presidio, per protestare contro lo sgombero della polizia che ha, di fatto, posto fine a un’esperienza clamorosa, una delle occupazioni “culturali” […]
L’hanno ribattezzata Piazza Macao, quella porzione di strada tra Via Galvani e Via Fara, proprio davanti la Torre Galfa. Da più di 15 ore un fiume di gente è radunata qui, in assetto di presidio, per protestare contro lo sgombero della polizia che ha, di fatto, posto fine a un’esperienza clamorosa, una delle occupazioni “culturali” più chiacchierate, partecipate e seguite di questa stagione.
La folla si è raccolta lungo la strada, mentre i poliziotti in antisommossa hanno continuato a circondare l’edificio, sigillandolo e ostruendo ogni ingresso. Assemblee, lezioni, tavoli tecnici, concerti e spettacoli si sono succeduti senza soluzione di continuità, fin da stamattina, per una grande festa comunitaria che non accenna a spomparsi: alle 21.30 della sera il sit in è ancora fittissimo, il tam-tam mediatico non si interrompe e tra facebook e twitter fioccano commenti, critiche, SOS, giudizi severi o accorati messaggi di supporto. Intanto gli updates sono costanti e puntuali, grazie a una grande cronaca virtuale, scandita minuto per minuto: dalla diretta streaming dell’assemblea, ai vari aggiornamenti via social network.
Adesso si pensa a organizzare la cena sociale, mentre scorrono sul web richieste d’aiuto: portare cibo, luci, prolunghe, tende per la notte. C’è un palco per le esibizioni, c’è la zona lavoro con sedie e scrivanie, c’è il punto ristoro col bar e il barbecue. Tutto quello che succedeva dentro, in sostanza, succede fuori. Per strada. I lavoratori di Macao e i cittadini dell’arte restano qui: si dorme, si mangia, si discute, si festeggia, si progettano le mosse di domani.
La tendopoli di Piazza Macao, dunque, prenderà vita nelle prossime ore, per accogliere le centinaia di manifestanti, intenzionati a non mollare. Tra le tante testimonianze registrate, ecco quella di Livia Mariani, del collettivo Macao, che ad Artribune dice: “Qui l’ambiente è surreale. Siamo in tanti e siamo tutti emozionati e solidali tra di noi. Ieri, durante una lezione qui a Macao, Franco Berardi ha affermato che occupare un grattacielo significa voler guardare lontano, dall’altezza inebriante delle nostre idee. Concordo: significa guardare al futuro, ma lasciando vivo lo spirito rivoluzionario del presente”. E continuare vorrebbero, in effetti, gli occupanti. Forse provando a rientrare, trovando il modo per bypassare la richiesta dei proprietari – la società Ligresti – che intendono tornare in possesso del proprio bene. O forse spostarsi, trovare un altro contenitore: perché Macao non è la Torre Galfa, ma è un’idea, una volontà, un desiderio, un processo politico.
E le istituzioni, intanto, che fanno? Nel tardo pomeriggio il Sindaco Giuliano Pisapia, il grande contestato della vicenda, si è presentato in assemblea. E cercando di togliersi di dosso l’immagine di “quello che se ne è lavato le mani”, ha mostrato grande rispetto per l’impegno di chi ha inventato, sostenuto, promosso Macao. “Voi siete una ricchezza per me e per noi, Macao ha un programma per dare cultura alla città di Milano e al Paese“, ha dichiarato, tra gli applausi dei manifestanti. Per poi aggiungere che lo sgombero, ancorché necessario – visto l’effettivo problema di una proprietà privata violata – non ha certo rappresentato per il Comune una soluzione. Ed ecco, infine, la proposta tirata fuori a sorpresa: “In tempi brevi metteremo a disposizione di Macao uno spazio all’ex Ansaldo. Abbiamo girato Milano per tre giorni nei luoghi più nascosti e abbiamo individuato questo spazio molto bello per tutti i soggetti che vogliono ricreare un progetto di cultura. In poche settimane sarà disponibile“.
Nel frattempo, tante le dichiarazioni arrivate da intellettuali, associazioni e rapprentanti della politica nazionale. Per esempio quella di Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista, decisamente critico nei confronti dell’operazione di sgombero: “Sono molto amareggiato: le occupazioni sono una risorsa e non un problema, soprattutto non un problema di ordine pubblico”. E ancora: “Al collettivo di artisti, architetti, designer, che ha dato vita a Macao, le istituzioni devono dare risposte, non usare la forza per sgomberare le loro istanze. Ed è intollerabile che vi siano palazzi, grattacieli, case sfitte, lasciate a marcire mentre i cittadini soffrono l’emergenza abitativa e non hanno luoghi in cui ritrovarsi”.
E affonda la lama Dario Fo, difendendo a oltranza gli occupanti e riservando una bella scudisciata alla politica sorda e miope, che non comprenderebbe – e in parte paventerebbe – lo slancio autentico di questa grande forza creativa del Paese: ”Chiudere Macao è l’espressione del disordine mentale che c’è in Italia, la classe dirigente è isolata, guarda questi ragazzi come sono civili, come sono armoniosi, guardali. La classe politica è alle corde, lo capisce ed ha paura perché sanno che domani potranno non esserci più. Questi ragazzi sono straordinari, ai miei tempi si cercava anche la rissa. Questi ragazzi non la cercano la rissa, vogliono solo esprimersi”.
Ma di fronte alla proposta di Pisapia, che vorrebbe barattare la Torre Galfa con degli edifici dell’ex Ansaldo, in zona Tortona, come hanno reagito i Macao Worker? Ancora nessuna risposta, in realtà. Si riflette, si prende tempo. Ma, sentendo qualcuno del movimento, emerge una certa diffidenza: “Pisapia non ha capito”, ci dice Andrea Masu di Aletrazioni Video, “non ha gli strumenti per vedere e per capire quello che sta succedendo qui. Ci propone un posto già frazionato e destinato alle associazioni, da assegnare tramite bando. Ma nessun bando è in grado di generare un processo di questo tipo e nessun processo di questo tipo può stare dentro a un bando. Questo è un miracolo, è la città che propone qualcosa, che sta vivendo un processo politico importante. La città chiede processi costituenti dal basso, che siano in grado di rinnovare le istituzioni e di svecchiare modelli che non funzionano più. È una cittadinanza attiva, che continuerà a lavorare, anche qui, all’aperto, ovunque, discutendo, studiando, pensando, facendo. Non ci fermiamo e il problema non sono né lo spazio, né il bando”.
Eccolo il tema di fondo, già altrove evidenziato da Artribune. Il punto, qui, è la questione politica, il senso reale di queste ondate di protesta, che tenderebbero a essere inclusive e non esclusive, costruttive e non solo oppositive. La frattura e l’occupazione, così come la concretezza dello spazio presidiato, non sono in fondo che strumenti, per contenere, nutrire e sviluppare un percorso collettivo teso al rinnovamento di modelli istituzionali e di approcci culturali non più efficaci.
Nel corso della serata dovrebbe partire un’altra assemblea, mentre la festa prosegue e l’entusiasmo continua a crescere. Che ne sarà di Macao? Incerti del domani, i Lavoratori dell’Arte sembrano certissimi di una cosa: resistere per esistere, senza mediazioni, senza banalizzazioni. Il Sindaco Pisapia è avvisato.
– Helga Marsala
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