Architettura e partecipazione. TYIN Tegnestue Architects: dalla Norvegia creatività al servizio dei Paesi poveri. A Perugia, per Festarch, si parla di progettazione con approccio sociale
Come progettare, ma soprattutto realizzare, architetture nelle zone più povere del mondo? Scommettendo su luoghi in cui la parola “pubblico” significa pericoloso? La risposta prova a darla il giovanissimo studio norvegese TYIN Tegnestue Architects, fondato nel 2008 da Andreas Gjertsen e Yashar Hanstad. L’ approccio? Relazionale, partecipativo, etico. Scelgono di vivere nelle comunità per cui […]
Come progettare, ma soprattutto realizzare, architetture nelle zone più povere del mondo? Scommettendo su luoghi in cui la parola “pubblico” significa pericoloso? La risposta prova a darla il giovanissimo studio norvegese TYIN Tegnestue Architects, fondato nel 2008 da Andreas Gjertsen e Yashar Hanstad. L’ approccio? Relazionale, partecipativo, etico. Scelgono di vivere nelle comunità per cui è pensato il progetto, coinvolgendo e incontrando la popolazione locale, usando materiali e maestranze del posto, intervenendo con microprogetti che ampliano e migliorano le condizioni di vita degli abitanti.
Facile a dirsi, problematico a farsi. Soprattutto se, accanto al miglioramento sociale, si punta anche a una buona qualità architettonica. E nei progetti del duo nordeuropeo, che Andreas Gjertsen mostra al pubblico di Festarch, qualità ce n’è davvero tanta. I Paesi interessati? Tailandia, Uganda, Sumatra, Birmania, Haiti. Il motto del gruppo è “Architecture is about the understanding of the world and turning it into a more meaningful and humane place”, preso in prestito dall’architetto finlandese Juhani Pallasmaa.
I progetti migliori sono quelli realizzati nel 2009 in Tailandia: la “Safe Haven Library” e la “Soe Ker Tie House”, dove i materiali e le tecniche locali si adattano e si integrano a forme contemporanee. E poi il “Klong Toey Community Lantern”, uno spazio pubblico realizzato nel 2011 all’interno di uno dei più antichi slum di Bangkok: un nuovo fulcro per la comunità, una struttura agile, flessibile e funzionale, che occupa solo un lato dell’area, diventando uno spazio per sport, giochi, spettacoli, dibattiti. Piccola oasi ricreativa, fino a quel momento inimmaginabile per i bambini della zona.
– Zaira Magliozzi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati