Kassel Updates: dOCUMENTA top ten. Le dieci migliori opere a nostro insindacabile giudizio. Dopo Manifesta, la classifica germanica. Via ai commenti
prima posizione – Quando c’è, lo si ricorda. Come con il refrain This is so contemporary cantato e danzato al Padiglione Germania durante la Biennale del 2005. Si aggiudica la medaglia d’oro Tino Sehgal con una performance disorientante in Friederich Strasse. Il procedimento è simile a un lavoro del 2007 portato a Francoforte, ma l’impatto […]
prima posizione – Quando c’è, lo si ricorda. Come con il refrain This is so contemporary cantato e danzato al Padiglione Germania durante la Biennale del 2005. Si aggiudica la medaglia d’oro Tino Sehgal con una performance disorientante in Friederich Strasse. Il procedimento è simile a un lavoro del 2007 portato a Francoforte, ma l’impatto è ancora più profondo. Perché lo spettatore è di fatto cieco e in balia totale – per alcuni minuti – dei performer, che lo accompagnano dolcemente nel mezzo della sala buia, mentre risuonano gospel e rap a cappella. Lui sì che ha capito come coinvolgere il pubblico, e il tocco da coreografo geniale c’è tutto.
seconda posizione – Una vecchia casa abbandonata nel centro della città è stata rianimata dalla presenza di Theaster Gates e dei suoi amici musicisti. 12 Ballads for Huguenot House è un progetto ambizioso, che connette due luoghi lontani: Kassel e Chicago. Sono infatti due gli edifici in disuso protagonisti dell’opera: la tedesca casa degli Ugonotti è stata ristrutturata e arredata con materiali di scarto provenienti dagli States e viceversa. Nelle stanze – camere da letto, cucine, piccoli studi di registrazione – abitano installazioni, video, incontri e tanta musica.
terza posizione – Due dei temi principali della mostra curata da Carolyn Christov-Bakargiev emergono fortissimi dall’installazione di Michael Rakowitz What Dust Will Rise: la memoria e la forza simbolica dell’arte. In una grande stanza del Fridericianum, i libri distrutti in Afghanistan nel 1941 rinascono scolpiti nella pietra, monumenti a una cultura brutalmente violata. Spicca una scritta, vergata a pennarello su una teca che conserva alcuni resti dei Buddha di Bamiyan, bombardati nel 2001. Sono le parole del Mullah Omar: “We are only breaking stones”…
quarta posizione – In una mostra che non riesce (non vuole?) a guardare avanti, a individuare tendenze, l’opera di Lara Favaretto ha almeno il pregio di descrivere con semplicità e immediatezza lo stato dei fatti. Che si guardi all’economia in generale o al mondo dell’arte. In breve: un accumulo di rottami. Installazione enorme nei docks della stazione ferroviaria, dove qui e là si scorgono anche blocchi di cemento modellati in diverse forme: sono riproduzioni di altrettante ferraglie esposte ordinatamente in una sala poco distante.
quinta posizione – dOCUMENTA la si visita abitualmente partendo dal Fridericianum. E qui Carolyn Christov-Bakargiev ha impresso sin da subito un segno curatoriale forte. I due grandi saloni del pianterreno sono infatti monopolizzati quasi totalmente dall’opera impalpabile di Ryan Gander: una brezza che proviene dai bocchettoni dell’impianto di condizionamento, adeguatamente modificato. Qualche piccolo accumulo di polvere fa il resto. Opera non eccezionale, ma apertura degna di una kermesse miliare.
sesta posizione – Kabul è una delle sedi distaccate di questa dOCUMENTA (se ne è occupato fra l’altro il nostro Andrea Viliani). È dunque normale che i riferimenti vari ed eventuali alla capitale dell’Afghanistan siano ricorrenti a Kassel. Il più interessante lo ha orchestrato Mario Garcia Torres, grazie in particolare a un lungo video fra il documentario e la detective story. Obiettivo: rintracciare la location del One Hotel, gestito per alcuni anni da Alighiero Boetti.
settima posizione – Nel pieno centro di un parco di Karslaue eccessivamente disseminato di “casette” contenenti opere, Sam Durant propone un’architettura che riesce a dialogare in prospettiva e in lontananza con l’edificio dell’Orangerie. Due materiali, metallo e legno, per due patiboli – quello di Saddam in Iraq e quello dei martiri di Chicago nel 1887 – assemblati l’uno sull’altro. Un monumento alle storture del potere su cui giocano i bambini di Kassel.
ottava posizione – L’opera a dire la verità non è nuova. Prodotta nel 2010 dalla Fondazione Cittadellarte di Michelangelo Pistoletto, che l’ha esposta nei suoi spazi nello stesso anno, è stata vista varie volte. Nel contesto di questa edizione di dOCUMENTA, il dittico video dell’egiziano Wael Shawky Cabaret Crusades, che rimette in scena la storia delle prime crociate dal punto di vista islamico utilizzando oltre duecento antiche marionette italiane, risulta particolarmente toccante. Un misto di poesia e horror, fiabesco e grottesco, magico e misterioso, che cattura il visitatore e non gli lascia scampo.
nona posizione – Spesso quei cartelli all’ingresso delle sale, che mettono in guardia da immagini che potrebbero urtare la sensibilità dello spettatore, sono ipocriti e inutili. Nel caso dell’installazione The Repair from Occident to Extra-Occidental Cultures di Kader Attia, il monito è invece giustificato. Perché ci va giù pesante, l’artista francese, miscelando slide show e film, manufatti realizzati con proiettili e oggetti tradizionali africani, pubblicazioni “coloniali” e fotografie di volti sfigurati dalla guerra.
decima posizione – Ancora una volta i libri, contenitori per eccellenza di ogni narrazione umana, sono i protagonisti di una convincente installazione. Paul Chan, in un piccolo spazio situato in Friederich Strasse, di fronte alla sede dove si svolge la performance di Tino Sehgal, ha rivestito tutte le pareti di volumi aperti e dipinti, trasformando le copertine in supporti per una raffinata e astratta pittura a olio.
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati