La Maestà di Simone Martini e Gli effetti del Buono e del Cattivo Governo possono convivere (stabilmente) con opere d’arte contemporanea? Francesco Carone nel Palazzo Pubblico di Siena lancia la sfida. E il dibattito

Il dibattito a Siena scorre sotterraneo ancora non emerso sulle cronache degli ascoltatissimi organi di stampa locali. L’idea però serpeggia come le serpi striscianti che Francesco Carone ha inserito nel percorso della sua mostra tra le sale storiche del Palazzo Pubblico affacciato su Piazza del Campo. E in particolare sull’opera Rendez-Vous des Amis: un ring perfetto […]

Il dibattito a Siena scorre sotterraneo ancora non emerso sulle cronache degli ascoltatissimi organi di stampa locali. L’idea però serpeggia come le serpi striscianti che Francesco Carone ha inserito nel percorso della sua mostra tra le sale storiche del Palazzo Pubblico affacciato su Piazza del Campo. E in particolare sull’opera Rendez-Vous des Amis: un ring perfetto in metallo laccato bianco che porta da un lato, rampante, un serpente d’argento. Ruota ancorato a due perni posti alle estremità, uno sul soffitto uno sul pavimento: non a caso nella Sala del Mappamondo. Le altre porzioni di cerchio lambiscono le pareti della sala e, ruotando, intercettano affreschi tra i più celebri dell’antichità. Su un lato la Maestà di Simone, dall’altro il Guidoriccio da Fogliano, sempre di Simone Martini. Una visita da non perdere, in questi giorni di Palio, per chi transitasse a Siena. Anche per testare il quoziente di plausibile e possibile convivenza tra l’arte antica e quella contemporanea.

Un quoziente da saggiare perché la mostra di Francesco Carone (Siena, 1975) lancia una sfida alla (sua) città. Siena è la città più in crisi del momento, in Italia. Crisi economica, di ruolo, di identità. Se non altro perché anni e anni di vacche grassissime stanno facendo venire al pettine tutti i nodi di una gestione amministrativa che è riuscita, in vent’anni, a mandare al macero sei o sette secoli di storia gloriosa. Occorre reagire con una cosina che si chiama coraggio. Dimostrare capacità evolutiva. Convincere di voler cambiare. Decidere di lasciare, permanentemente, in Palazzo Pubblico una scultura come Rendez-Vous des Amis sarebbe un segnale inequivocabile. Una città che volta pagina, che si lascia alle spalle la disneyzzazione medievale, che valorizza i suoi talenti, che guarda al merito, che ostenta, finalmente, spavalderia e voglia di provarci. Dopo aver trasformato una scultura di Tony Cragg a pisciatoio e dopo aver perduto una grande installazione ambientale di Cildo Meireles, sarebbe un bel segnale. Basta solo un po’ di lucidità, di voglia, di coraggio.

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Redazione

Redazione

Artribune è una piattaforma di contenuti e servizi dedicata all’arte e alla cultura contemporanea, nata nel 2011 grazie all’esperienza decennale nel campo dell’editoria, del giornalismo e delle nuove tecnologie.

Scopri di più