Addio al Conte Giannino Marzotto. Aveva vinto due Mille Miglia come pilota, aveva fatto grande la sua azienda. E con il Progetto Marzotto finanziava idee per la nuova Italia
Era un visionario concreto. Un utopista possibile. Strana e apparentemente improbabile associazione di tipi umani. Innamorato del futuro rilanciava, anticipava e precorreva i tempi con una naturale eleganza e con una velocità che non lasciava mai nulla al vantaggio del cognome che portava. Ma lo doveva superare ad ogni curva, nelle mille e mille miglia […]
Era un visionario concreto. Un utopista possibile. Strana e apparentemente improbabile associazione di tipi umani. Innamorato del futuro rilanciava, anticipava e precorreva i tempi con una naturale eleganza e con una velocità che non lasciava mai nulla al vantaggio del cognome che portava. Ma lo doveva superare ad ogni curva, nelle mille e mille miglia di vita percorsa. Il passato e il censo li trovava ingombranti ma soprattutto noiosi. Tremendamente noiosi. Come le persone poco interessanti e attrezzate di Rolex più che di idee. O le solite posizioni standardizzate. Aveva un’avversione quasi fisica al luogo comune e alla massificazione del pensiero. E a coloro che arrivano mettendo davanti inchini e modi da lacchè, che mal sopportava. Che mostravano improbabili pedigree sociali o imprenditoriali. Dimmi chi sei, davvero, sembrava dirti mentre osservava sornione, con la mano a mezz’aria, chi aveva davanti.
A quello voleva arrivare, Giannino Marzotto. E così nella sua casa di pietra aveva costruito una sorta di think tank quotidiano dove incontrare le persone più disparate. Una grande tavola di legno, nuda, con vettovaglie che ricordano i cocci e la sua cucina, che sperimentava personalmente. Sempre con spessi maglioni di cachemire colorato, collo alto, dai quali spuntavan fuori le punte di camicie azzurre. Altra bizzarria che accompagnava con braghe di fustagno, assieme ad un torbato scozzese e rivoli e rigoli interminabili di fumo. Villa Trissino, con arazzi del cinquecento che venivan dal Prado e una delle più belle quadrerie dell’Ottocento, era distante. Lui preferiva stare sulla casa, poco mondana, sulla statale. Di fianco alla vita che passa, imprecisa e “tanta”, a tutte le ore, piuttosto che rinchiudersi in un eremo dorato. E li accoglieva le vite che venivano a trovarlo. Ascoltava chiunque, con una curiosità sezionatrice e competente. Che metteva in crisi idee e progetti, perché portava una posizione atipica e non convenzionale.
Si sedeva al tavolo chi voleva fare un sottomarino turistico per il Mar Rosso come chi cercava 3 milioni di euro per far partire un incubatore tecnologico con 15 giovani ingegneri. Le cose poi, se avevan senso, anche contrario al buon senso comune, le faceva succedere, come M31. Che fossero nel sociale o nell’impresa, valeva sempre una sua massima “l’intelligenza coraggiosa e il coraggio intelligente”. Questo era il suo discrimine. E il motivo per cui ti concedeva tempo, attenzione o capitali, in modo garbato e silenzioso. E questo aveva molto a che fare con i giovani sui quali scommetteva sempre e comunque, come nella sua ultima grande impresa del Progetto Marzotto. 20 milioni di euro, a fondo perduto, per far nascere nuove imprese innovative in Italia, che possano cambiare, davvero, lo scenario del Paese. Ai ragazzi diceva “Guarda al futuro e guadagnati il presente”.
– Cristiano Seganfreddo
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