Anche Dresda ha il suo (ex) mattatoio. Da qualche anno ci fanno Ostrale, un festival in crescita verticale: quest’anno ci sono anche sei italiani
La location è il Mattatoio n° 5, quello stesso spazio raccontato nel 1969 da Kurt Vonnegut nell’omonimo romanzo, opera fondamentale del pacifismo moderno, dove il protagonista, sfuggito al bombardamento alleato di Dresda, viene internato proprio nell’allora già vuoto mattatoio. Un racconto sul valore effimero dell’esistenza che ha contribuito a connotare questi spazi con valenze irreali, […]
La location è il Mattatoio n° 5, quello stesso spazio raccontato nel 1969 da Kurt Vonnegut nell’omonimo romanzo, opera fondamentale del pacifismo moderno, dove il protagonista, sfuggito al bombardamento alleato di Dresda, viene internato proprio nell’allora già vuoto mattatoio. Un racconto sul valore effimero dell’esistenza che ha contribuito a connotare questi spazi con valenze irreali, un luogo dove alla sofferenze delle bestie si è aggiunta quella degli uomini, ora un contenitore emotivo fortissimo per l’arte contemporanea. Atmosfere che dalle nostre parti si respirano al Macro Testaccio, altro ex matattoio, così come il Matadero a Madrid.
Quindicimila metri quadrati coperti, almeno il triplo esterni: è proprio questa la sede fino al 16 settembre della sesta edizione di Ostrale, festival internazionale di arte contemporanea in grande crescita, passato dai 4mila visitatori del 2007 ai 17mila della scorsa edizione. Padiglioni abbandonati, capriate in legno scrostato, pavimenti in terra, collegamenti fra un ambiente ed un altro con passaggi improvvisati e quasi impraticabili: un’enorme fabbrica culturale adattata ai resti di uno spazio di archeologia industriale rurale. Quasi una celebrazione del valore della resistenza alla violenza del tempo, con le opere che si inseriscono come presenze vitali in un mondo abbandonato.
245 artisti da 33 diverse nazioni arrivano da giorni prima dell’apertura, e lavorano all’allestimento delle opere insieme ai curatori Martin Muller, Benjamin Fleig ed Andrea Hilger; insieme a loro nove accademie e scuole d’arte del progetto parallelo IAM International Art Moves. Tutti impegnati sul tema di quest’anno, quello dell’Homegrown, inteso come relazione fra tradizione e innovazione. E ci sono anche sei italiani, tra tutti gli artisti invitati: Sandro Porcu, nato in Italia ma residente da sempre in Germania, così come Daniele Del Grande (noto per le sue case sugli alberi), che vive qui già da qualche anno. E poi Maria Trialoni, Carlo Laconi, Gabriella Locci, Davide Dormino.
– Clara Tosi Pamphili
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