Giù le mani dal Made in Italy. Alemanno, Croppi e alcuni parlamentari sollevano i veli sull’”omicidio” della Fondazione Valore Italia: e si scopre una figuraccia cinese…
L’aspetto più grave della cosa, tanto per cambiare, è l’ennesima figuraccia che ci fa rimediare a livello internazionale. E non – con tutto il rispetto – con lo Zambia, o con le Isole Salomone, ma con un partner cruciale come la Repubblica Popolare Cinese. Qual è questa “cosa”? È il decreto alla cosiddetta “spending review”, […]
L’aspetto più grave della cosa, tanto per cambiare, è l’ennesima figuraccia che ci fa rimediare a livello internazionale. E non – con tutto il rispetto – con lo Zambia, o con le Isole Salomone, ma con un partner cruciale come la Repubblica Popolare Cinese. Qual è questa “cosa”? È il decreto alla cosiddetta “spending review”, e in particolare la prevista soppressione della Fondazione Valore Italia ed il blocco nella costituzione dell’Esposizione Permanente del Design Italiano e del Made in Italy nel Palazzo della Civiltà dell’Eur. Un provvedimento contro il quale si è convocata per oggi – 10 luglio – una conferenza stampa animata dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno, da Umberto Croppi, direttore generale della Fondazione, Massimo Arlechino, già presidente della Fondazione, e dagli onorevoli Ignazio Abrignani e Flavia Perina.
Artribune è in grado di anticipare i contenuti della conferenza, come appunto gli aspetti dei rapporti con la Cina: nel testo del decreto non viene infatti data alcuna indicazione relativamente alla gestione dei rapporti all’interno del CIDIC (China Italy Design Innovation Centre), dimostrando di fatto non conoscenza della reale attività della Fondazione e della portata dei rapporti internazionali instaurati. In termini generali – obbiettano i promotori – “la Fondazione è un soggetto di diritto privato e, come è evidente, non può essere soppressa con un decreto, essa è stata creata per uno scopo e le sono state affidate le risorse per realizzarlo, risorse che sono stante impiegate ma anche incrementate in questi anni, tanto che è disponibile l’intera somma necessaria alla realizzazione del progetto; inoltre, grazie alle ulteriori attività svolte dalla Fondazione, il suo bilancio del 2011 si è chiuso in pareggio”.
Quindi? Qual è il nesso fra la soppressione dell’ente ed il tentato – verrebbe da dire millantato – contenimento delle spese? Il provvedimento – fanno ancora notare i promotori – “non è diretto a realizzare economie, secondo l’obiettivo dichiarato del Decreto in oggetto, ma semmai a far rientrare nel Bilancio dello Stato le risorse finanziarie destinate dalla legge 350/2003 (Legge Finanziaria 2004), alla realizzazione dell’Esposizione permanente del design italiano e del made in Italy cui la Fondazione deve provvedere”. Riportare alla gestione centrale economie già decentrate nel tentativo – magari a volte velleitario, ma certamente virtuoso – di dare efficienza e snellezza alle procedure: una storia già vista con Arcus, e che forse si rivedrà spesso…
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