Nessun italiano alla Gwangju Biennale 2012. Certo, due anni fa ce ne erano tre, ma allora il curatore era Massimiliano Gioni…
Non è che ci piaccia poi troppo, sparare sulla “croce rossa” dell’arte italiana messa davanti alla platea internazionale. Eppure capitano sempre più spesso occasioni che ne forniscono lo spunto, e ci piacerebbe che prima o poi partisse un dibattito serio sulla motivazioni che stanno alla base di questa realtà, per cui non possiamo far finta […]
Non è che ci piaccia poi troppo, sparare sulla “croce rossa” dell’arte italiana messa davanti alla platea internazionale. Eppure capitano sempre più spesso occasioni che ne forniscono lo spunto, e ci piacerebbe che prima o poi partisse un dibattito serio sulla motivazioni che stanno alla base di questa realtà, per cui non possiamo far finta di nulla. L’ultima è questa, estremamente sintetizzata: arriva la lista degli invitati alla Gwangju Biennale 2012, gli artisti sono novanta, italiani zero. Eppure ci sono rappresentanti di Francia, Germania, Regno Unito, Russia, Belgio, persino di Croazia, Serbia e Bosnia-Herzegovina, per restare all’Europa, ed a realtà raffrontabili alla nostra. E per paradosso, la cosa rimarchevole è che invece, nella precedente edizione di italiani ce n’erano tre, fra gli invitati: Franco Vaccari, Maurizio Cattelan e Roberto Cuoghi, peccato che a convocarli per l’importante kermesse coreana fosse allora Massimiliano Gioni, direttore della biennale. Come dire: l’Italia esiste solo se c’è un curatore di casa, altrimenti nisba…
E nel caso di questa Biennale di Gwangju non si può neanche additare la miopia del curatore: perché a dirigerla, fra il 7 settembre e l’11 novembre prossimi, sono in sei – tutte donne, peraltro -, da Nancy Adajania a Wassan Al-Khudhairi, Mami Kataoka, Sunjung Kim, Carol Yinghua Lu, Alia Swastika. Che nelle scelte, anche per ragioni biografiche e di formazione, hanno comunque dato largo spazio a paesi ex-emergenti, cosa che può costituire il vero motivo di interesse della mostra. Non mancano certo omaggi a grandi artisti più o meno storicizzati – Jenny Holzer, Allan Kaprow, Kimsooja, Wolfgang Laib -, e neanche a protagonisti ampiamente established, da Anri Sala – anno d’oro per lui, che raddoppia con la Biennale di Venezia padiglione Francia – a Rirkrit Tiravanija, Simon Fujiwara, Haroon Mirza, Julieta Aranda + Anton Vidokle, Tobias Rehberger. Da tenere sotto osservazione alcune presenze centro-asiatiche, spesso portatrici di novità fresche e profonde, come i kirghisi Gulnara Kasmalieva + Muratbek Djumaliev o il kazako Yerbossyn Meldibekov.
– Massimo Mattioli
www.gwangjubiennale.org
L’elenco completo degli invitati
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