Quando la fotografia incrocia performance e teatro. Verso il Kilowatt Festival di Sansepolcro, ci sarà anche un workshop di ricerca di Luca Del Pia
1839: viene ufficialmente presentata l’invenzione della fotografia intesa come la copia unica di Luis Daguerre. Hippolyte Bayard, impiegato governativo con la passione per gli esperimenti, ha anche inventato un procedimento di stampa positiva diretta, in tutto simile al dagherrotipo, ma a causa di favori, ammanicamenti e sgambetti viene poco limpidamente “superato” dal poi per sempre […]
1839: viene ufficialmente presentata l’invenzione della fotografia intesa come la copia unica di Luis Daguerre. Hippolyte Bayard, impiegato governativo con la passione per gli esperimenti, ha anche inventato un procedimento di stampa positiva diretta, in tutto simile al dagherrotipo, ma a causa di favori, ammanicamenti e sgambetti viene poco limpidamente “superato” dal poi per sempre famoso connazionale. Bayard, attraverso un ribaltamento minimale ma letteralmente fondativo, si sposta da dietro a davanti l’obiettivo e nel 1840 realizza un Autoritratto in figura di annegato, cui allega un piccolo testo dove rivendica apertamente la primogenitura dell’invenzione. Ecco spiegato il motivo dell’operazione di Bayard. Ed ecco, soprattutto, inventata la performance fotografica: nasce l’idea che l’autore non sia colui che realizza manualmente l’opera, ma colui che la concepisce, l’ipotesi che il mezzo fotografico serva non solo a documentare l’atto performativo, ma ne crei le condizioni di esistenza. La pratica della performance davanti a un obiettivo è poi, quasi ottant’anni dopo, definitivamente consacrata da Marcel Duchamp: si pensi a Tonsure del 1919.
A questa genealogia si ascrive lo sguardo di Luca Del Pia, fotografo “performativo”, noto per aver saputo raccontare per anni il lavoro della Societas Raffaello Sanzio, che al Kilowatt Festival di Sansepolcro – nell’aretino – propone un workshop, articolato in due moduli separati e indipendenti (20-23 luglio e 25-28 luglio), ciascuno dei quali diviso in tre parti: un’introduzione teorica, la documentazione di spettacoli ed eventi di Festival, una fase di lavoro con un performer/attore in uno spazio neutro fuori della scena “in un incontro alla pari in cui ognuno rischia qualcosa per cercare l’imprevisto”. Questa visione esperienziale della fotografia sarà documentata anche dalla mostra che il Festival dedica al progetto Overground, che vede protagonisti le immagini di Del Pia, l’azione di dieci performer e artisti (Barokthegreat, Helen Cerina, Silvia Costa, MK, Orthographe, Annika Pannitto, Pathosformel, Francesca Proia, Cristina Rizzo, Eleonora Sedioli) e il pensiero delle studiose di performing arts Lucia Amara, Piersandra Di Matteo, Adele Cacciagrano e Tihana Maravić.
– Michele Pascarella
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