Quante volte avete pigiato rec su quella videocamerina? Diego Marcon, dal Maga di Gallarate alla Tv, con Spool: per una poetica del videotape. Piccoli schermi per piccole memorie intime
“Spool”, termine inglese che sta per “avvolgere”. E che in gergo cinematografico indica la classica “bobina”, quantità esatta di pellicola contenente un film. E allora pensi subito al rumore del proiettore e a quel quadrato di luce che invera la magia dell’immagine in movimento. Il cinema nel buio della sala, l’artificio senza tempo. Oppure pensi […]
“Spool”, termine inglese che sta per “avvolgere”. E che in gergo cinematografico indica la classica “bobina”, quantità esatta di pellicola contenente un film. E allora pensi subito al rumore del proiettore e a quel quadrato di luce che invera la magia dell’immagine in movimento. Il cinema nel buio della sala, l’artificio senza tempo. Oppure pensi a un altro rumore, più intimo, più sporco, più vero: il nastro dei videotape, il vecchio videoregistratore, il filmino delle vacanze, i bambini in giardino, il Natale, i matrimoni, le facce di quelli che non ci sono più e gli occhi di chi, tra qualche anno invecchiato, pigerà play e precipiterà all’indietro, tra impreviste vertigini: cartoline d’amore, su un paesaggio sgranato quanto il più caro dei ricordi. Su questo lavora Diego Marcon, artista e film maker, classe 1985, con all’attivo una residenza alla Dena Foundation di Parigi e una vittoria al “XXIV Premio Nazionale Arti Visive” del MAGA di Gallarate.
Video casalinghi, VHS, VHSC, Video8. L’anima domestica del cinema, euforia analogica di quel “do it yourself”, così anni Ottanta, così low-fi, così candidamente nostalgico, qualche volta goffo, misteriosamente charmant. L’ossessione della perdita e l’utopia dell’immortalità, la questione del tempo e la perversione che muove, anche solo da lontano, la curiosità per gli archivi: quelli degli altri, di gente sconosciuta, amici dei parenti, parenti degli amici, estranei a cui sottrarre memorie filmiche, stipate fra scaffali polverosi.
Diego ne ha recuperato moltissimo di questo materiale, per il suo progetto Spool, iniziato nel 2007: un po’ per caso, spargendo la voce, come un esploratore di vite passate, ha catturato decine di microcosmi amatoriali. Ogni singolo archivio è stato analizzato, montato e digitalizzato, divenendo una nuova creatura, una “tape”. Lavoro certosino, un realismo clinico accordato sulle frequenze fredde dell’osservazione e su quelle calde dell’emotività: video-chirurgia che libera movimenti sentimentali, intrappolati sul nastro.
Dal desiderio di diffondere l’intero corpus nasce il passaggio in tv: Spool Broadcasting sono tre settimane di trasmissioni, cinque blocchi da 24’ su alcune emittenti locali, per le sette tape fin qui realizzate: Lia, Roger, Rita, Giulio, Elena, Martina, Cecilia. Le loro storie galleggeranno nell’etere, frammentate e compresse. Spool è attualmente un progetto in progress: altri archivi personali saranno intercettati, memorie di affetti privati, da condividere con mille altri occhi qualunque.
– Helga Marsala
Diego Marcon, “Spool Broadcasting”
8-22 luglio 2012
La 6, Lombardia e Canton Ticino: DVB-T 86, Piemonte: DVB-T 98
www.diegomarcon.net
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati