Resoconto di un’arrampicata, in quel di Belluno. Mario Tomè scala il vuoto per Dolomiti Contemporanee, al cospetto di una piramide a testa in giù. Il video, le foto e il racconto della performance
È abituato alle grandi altitudini, Mario Tomé. Conosce le montagne, le studia, le vive, le annusa. Dal 2009 porta avanti una riflessione sui temi dell’arrampicata, indagando il rapporto che lega uomo e paesaggio montano. Tra etica, estetica e pratica alpinistica. Di recente ha collaborato come rocciatore con una ditta che esegue lavori temporanei in quota, per […]
È abituato alle grandi altitudini, Mario Tomé. Conosce le montagne, le studia, le vive, le annusa. Dal 2009 porta avanti una riflessione sui temi dell’arrampicata, indagando il rapporto che lega uomo e paesaggio montano. Tra etica, estetica e pratica alpinistica. Di recente ha collaborato come rocciatore con una ditta che esegue lavori temporanei in quota, per la messa in sicurezza e il consolidamento di pendii e versanti rocciosi. Il lavoro come rischio. La caduta, la vertigine, la soglia, il controllo, la paura e le fermezza. E c’è tutto un equipaggiamento specifico che ti viene in soccorso, nel cavalcare questo disequilibrio quotidiano: ganci, funi, dispositivi meccanici, corde, imbragature. Roba che devi conoscere bene, per salvarti la pelle. Un lavoro, quello che Tomè s’è trovato a svolgere, molto simile all’alpinismo. E che per la performance realizzata con Dolomiti Contemporanee, a cura di Gianluca D’Incà Levis, ha recuperato e rielaborato: materiale biografico, tramutato in esperienza poetica e concettuale.
Mario Tomè, lo scorso 16 giugno, ha compiuto un’arrampicata particolare. La sua montagna rovesciata era la piramide sommitale del grande cubo di Palazzo Crepadona, a Belluno. Un volume tutto bianco, in alto, al centro di uno spazio regolare tutto nero. Al vertice della piramide l’artista attacca una cellula abitativa provvisoria e da lì prova a scalare il vuoto. Infilatosi nella cassa-giaciglio oscillante, sfruttando il complesso sistema di cinghie, sale incontro alla piramide, sospeso in mezzo allo spazio-cubo.
Nessuno sa cosa succederà durante il breve viaggio o nel tempo della sosta. Tomè si rannicchia e comincia a scrivere, a disegnare, mettendo insieme appunti di viaggio da consegnare al vuoto. Una pioggia di bigliettini, intermittente, raggiunge il suolo. Frammenti di tempo trascorso per aria, che arrivano come piume al pubblico radunato di sotto. Qualcuno li legge e li rimette in terra. Qualcun altro, con l’impulso da collezionista, se li infila in tasca. Sono angoli di paesaggio color pastello, oppure frasi, parole: “escursioni naturalistiche”, “chiodi a pressione per sicurezza”, “roccia marcia”, “gola bloccata”, “ripidissima frana”. Ammonticchiarsi di immagini, sensazioni, lembi di carta.
Il rito è interrotto da momenti di assenza, forse di sonno, d’abbandono. E la fine di tutto non si sa quale sia. Nel mentre, una telecamera riprende dal basso e un’altra, piccolina, ce l’ha in mano lui: un occhio interno, a registrare la vita dentro al guscio volante. Dal montaggio delle riprese è venuto fuori questo piccolo video. Un assaggio dell’evento, che vi mostriamo per partecipare a distanza, di spazio e di tempo.
– Helga Marsala
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