Diari dal sottosuolo. Piccoli film, girati nella metropolitana di New York. Il progetto “The Underground: notes” punta sulla ricerca indipendente e azzecca il format
Creatività, spesso, è sinonimo di precariato: per spirito d’indipendenza, irrequietezza e continuo bisogno di cambiamento. Ma se le occasioni per emergere sono sempre più rare, in tempi di crisi è anche vero che le quotazioni dell’immaginario salgono: terapia d’urto per sinapsi anestetizzate dal solito cocktail a base di spread, disoccupazione record, spending review… Ed ecco […]
Creatività, spesso, è sinonimo di precariato: per spirito d’indipendenza, irrequietezza e continuo bisogno di cambiamento. Ma se le occasioni per emergere sono sempre più rare, in tempi di crisi è anche vero che le quotazioni dell’immaginario salgono: terapia d’urto per sinapsi anestetizzate dal solito cocktail a base di spread, disoccupazione record, spending review… Ed ecco che impegnarsi in un progetto, fuori dalle logiche del business, può essere la giusta ripartenza. Succede anche negli Stati Uniti, con un mercato del lavoro molto più flessibile del nostro, ma dove i creativi faticano comunque ad affermarsi. Con buona pace del sogno hollywoodiano.
Motivo per cui un gruppo di trentenni newyorchesi, lo scorso dicembre, decide di mettersi in proprio dando vita ad “The underground:notes”. L’idea è semplice: “Eravamo stanchi di provini, agenti inaffidabili e ingaggi fantasma” racconta Maayan Laufer, attrice, che coordina il team assieme a Duncan Murdoch e Michael Quigley.
“Il concept è molto semplice” spiega Quigley, “ma tenta di superare uno degli ostacoli più faticosi per chi voglia fare arte a New York. Il bello di questo progetto è che si può – anzi si deve – realizzare seguendo una tabella di marcia serrata e non rinviabile. Ne avevamo abbastanza dell’ennesimo grande film nel quale dal tutto te stesso, per vederlo languire nel cassetto di qualche regista”. Le basi sono la motivazione, l’impegno e una solida amicizia: Mike e Maayan si conoscono dai tempi del liceo (hanno frequentato entrambi l’American Overseas School di Roma), per perdersi e ritrovarsi complice la comune passione per la filmografia, nata proprio al cinema Pasquino. Nascono così gli incontri del mercoledì sera, per scrivere la trama della prossima storia da girare in metropolitana, reclutare gli interpreti, trovare la location più adatta. I diari dal sottosuolo sono ambientati nelle stazioni della subway newyorchese; scelta non casuale, con il non-luogo che funge da amplificatore di sentimenti e stati emotivi. La metafora del labirinto sotterraneo stimola, infatti, la curiosità di scrutare oltre l’apparenza: il volto del vicino che aspetta il prossimo treno, le paure, le ansie, certe condizioni segrete di straniamento o di limbo interiore.
Il team gira un nuovo cortometraggio ogni quindici giorni (tutti pubblicati sul loro sito, tramite Vimeo). Tecnologia essenziale – videocamera e microfono, a volte montati su una bicicletta – con allestimento delle luci molto curato per rendere al meglio l’ambientazione. Il profit? “Per ora siamo concentrati sulla produzione” ammette Maayan, “ma vorremmo creare un network internazionale con gruppi simili al nostro nelle principali città del mondo”. E non è escluso che, nel frattempo, qualche trend setter a corto d’idee – sensibile alle energie che giungono “dal basso” – si accorga di “Underground:notes” e offra a questi giovani, carini e disoccupati l’agognata occasione.
– Maria Zucchi
http://theundergroundnotes.com
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati