Venezia Updates: Tutta una vita in una scatola. Tod Williams e Billie Tsien allestiscono la loro Wunderkammer. Con gli effetti personali di 35 architetti

Oggetto misterioso, seduttivo, funzionale, tanto banale quanto aperto a varie, possibili letture, la “scatola” ricorre nell’immaginario di artisti e narratori. Scatole come asettici contenitori, strumenti di catalogazione, scrigni sigillati o packaging usa-e-getta, valigie, forzieri, bauli, teche. Spazi minuscoli o ingombranti, dove custodire pezzi di sé e del proprio mondo, reale o metaforico. Quasi si trattasse […]

Oggetto misterioso, seduttivo, funzionale, tanto banale quanto aperto a varie, possibili letture, la “scatola” ricorre nell’immaginario di artisti e narratori. Scatole come asettici contenitori, strumenti di catalogazione, scrigni sigillati o packaging usa-e-getta, valigie, forzieri, bauli, teche. Spazi minuscoli o ingombranti, dove custodire pezzi di sé e del proprio mondo, reale o metaforico. Quasi si trattasse di un diario tridimensionale, in cui alle parole si sostituiscono le cose. È questo lo spunto da cui sono partiti Tod Williams e Billie Tsien, coppia di architetti newyorchesi, per la loro “Wunderkammer“, progetto presentato alla 13. Biennale di Architettura, nello spazio di Casa Scaffali, al Giardino delle Vergini.
Non un tipico lavoro da progettisti: nessuna maquette, pianta o prototipo, ma una vera e propria installazione, realizzata grazie al coinvolgimento di alcuni colleghi. La stanza delle meraviglie altro non è se non un archivio di memorabilia, teatro di biografie oggettuali che inscatolano e raccontano ricordi, passioni, ossessioni e ispirazioni di 35 architetti.

Toyo Ito Venezia Updates: Tutta una vita in una scatola. Tod Williams e Billie Tsien allestiscono la loro Wunderkammer. Con gli effetti personali di 35 architetti

Toyo Ito

Dentro appositi box, concepiti come vetrine da collezionisti, algidi container, cubi minimalisti o persino piccole case, gli ospiti hanno collocato oggetti legati al proprio universo creativo e al proprio quotidiano. Ne viene fuori una deliziosa mostra, in cui si inciampa, per esempio, nell’inattesa immagine di un interno domestico, quello che per Murray Moss è la rappresentazione simbolica di un momento di serenità e di calore: la finestra di un appartamento, angolo inondata di luce e di quiete, affacciato su un giardino.
Oppure c’è la collezione di pigmenti colorati, conservati dentro boccette e flaconi, spedita da Peter Zumthor; o ancora i gomitoli di lana color zafferano di Claudy Jongstra; i frammenti urbani di pietra, incisi con scritte e disegni, raccattati da Toyo Ito a Sanriku, villaggio giapponese distrutto dallo tsunami nel 2011; la valanga di oggetti qualunque immortalati ai raggi X da Elizabeth Diller, Ricardo Scofidio e Charles Renfro; le forme candide, plastiche, legate al mondo del design, con cui Anthony Ames si racconta. E ancora libri, taccuini, soprammobili, anticaglie, fotografie, spartiti musicali, utensili, pietre, abiti, vecchie musicassette… Una originale wunderkammer, in cui perdersi cercando volto e identità di chi, abituato a progettare spazi abitativi per la gente, si cimenta qui con lo spazio breve e intimo del proprio vissuto. Architetti come artisti, tra narrazione, archiviazione e ricerca concettuale.

– Helga Marsala

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

Scopri di più