Assegnato il Praemium Imperiale 2012. Per la scultura vince l’italiano Cecco Bonanotte. Il nome non vi dice niente? Nemmeno a noi. Ma per Celant e Paolucci è a livello di Boltanski e Kapoor
Sono stati annunciati ieri i vincitori della ventitreesima edizione del Praemium Imperiale, istituito nel 1989 in onore del principe Takamatsu e assegnato annualmente dalla Japan Art Association. Il riconoscimento, che si presenta come “il più importante premio d’arte esistente”, premia artisti di discipline differenti – pittura, scultura, architettura, musica e teatro/cinema – per i risultati conseguiti […]
Sono stati annunciati ieri i vincitori della ventitreesima edizione del Praemium Imperiale, istituito nel 1989 in onore del principe Takamatsu e assegnato annualmente dalla Japan Art Association. Il riconoscimento, che si presenta come “il più importante premio d’arte esistente”, premia artisti di discipline differenti – pittura, scultura, architettura, musica e teatro/cinema – per i risultati conseguiti durante la carriera e per “l’influenza da essi esercitata sul mondo dell’arte a livello internazionale”. I prescelti, che saranno ufficialmente celebrati durante una cerimonia solenne che si svolgerà a Tokyo il prossimo 23 ottobre, riceveranno una somma di denaro pari a 15 milioni di yen (circa 154mila euro), oltre a un diploma e una medaglia. Vincitori che quest’anno vanno ad aggiungersi a una lunga lista di nomi eccellenti, tra cui spiccano geni riconosciuti in tutti i campi della ricerca artistica contemporanea: da Claudio Abbado a Ingmar Bergman, da Federico Fellini a Jean-Luc Godard, da Robert Rauschenberg aWillem De Kooning, solo per citarne alcuni.
Quali sono quindi i top 5 di quest’anno? Ecco i nomi: Cai Guo-Quiang (Cina) per la pittura; Henning Larsen (Danimarca) per l’architettura; Philip Glass (USA) per la musica; Yoko Morishita (Giappone) per il teatro/cinema e Cecco Bonanotte (Italia) per la scultura. Si aggiunge infine una borsa di studio che viene assegnata ogni anno a un gruppo o un’istituzione che promuove il coinvolgimento dei giovani nel mondo delle arti, andata alla Sphinx Organization di Detroit.
Se i primi quattro artisti citati sono internazionalmente riconosciuti per la loro lunga e prolifica attività, meno noto è proprio l’italiano della rosa, il marchigiano Cecco Bonanotte (Porto Recanati, 1942). Lo scultore, che stando alle parole di Lamberto Dini, Consigliere del Premio per l’Italia, è stato proposto all’attenzione del comitato della Japan Art Association per sette anni consecutivi prima di accaparrarsi il riconoscimento, è infatti più conosciuto in Giappone (dove trascorre sei mesi l’anno) che sul suolo natio. In Italia le sue opere non si sono viste granché, fatta eccezione per la Porta Nuova in bronzo realizzata per l’ingresso dei Musei Vaticani e inaugurata in occasione del Giubileo del 2000 da Giovanni Paolo II. Quale sarebbe dunque l’influenza esercitata da Bonanotte sulla ricerca artistica contemporanea a livello internazionale? Difficile dirlo. Autore di opere dignitose ma stilisticamente e concettualmente di retroguardia, descrive così la sua ricerca: “Attraverso le mie sculture, voglio esprimere un sentimento poetico. È questa la mia più grande ambizione”. E, intervistato dai giornalisti in occasione dell’annuncio ufficiale, si sofferma più volte sull’ovvio binomio forma-scultura e sul suo “profondo legame con il Giappone”.
Insomma, con tutto il rispetto per Bonanotte – e per Lamberto Dini che tanto lo elogia, tirando contemporaneamente frecciatine verso gli artisti che fanno “installations” – ci permettiamo di sollevare qualche dubbio sull’opportunità di questa scelta, che certo non rappresenta una delle vette più alte dell’arte contemporanea italiana degli ultimi trent’anni e che certamente non ha influenzato schiere di giovani artisti nel mondo (come invece ha fatto, nella musica, un personaggio come Philip Glass).
Ma ecco come funziona la selezione dei premiati. Ogni Consigliere internazionale (tra cui figurano nomi come Francois Pinault e Christopher Patten) segnala una rosa di candidati scelti insieme al suo comitato scientifico, i quali vengono poi sottoposti all’attenzione della Japan Art Association, insieme a tutte le candidature arrivate dal resto del mondo. E chi sono i componenti del comitato italiano che, insieme a Dini, hanno caldeggiato per ben sette anni la candidatura di Bonanotte? I nomi sono di tutto rispetto: Cesare de Seta, Germano Celant, Irene Bignardi, Bruno Cagli e Antonio Paolucci (da lui probabilmente arriva la prima segnalazione).
Allora cosa esattamente non ha funzionato? Cosa ha portato la Japan Art Association a scegliere Bonanotte dopo Anish Kapoor,Rebecca Horn, Richard Long, Ilya & Emilia Kabakov, Tony Cragg e Christian Boltanski (i premiati nella sezione scultura degli ultimi sei anni)? Ai lettori il privilegio di azzardare ipotesi…
– Valentina Tanni
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