E a Viennafair 2012, venne il giorno del dialogo con la Turchia. Un venerdì “biondissimo”, per un pugno di gallerie sostenute da un solido sponsor austriaco…
Pomeriggio un po’ speciale, quello di venerdì 21 alla Viennafair, in occasione del “Dialog”: Art from Turkey, un appuntamento con buona partecipazione di gente, attratta da più di una curiosità: il prodotto artistico innanzitutto, è ovvio. Ma qualcos’altro ha richiamato pubblico come mosche sul miele. Tutto all’ombra di alti manager della OMV, la maggiore società […]
Pomeriggio un po’ speciale, quello di venerdì 21 alla Viennafair, in occasione del “Dialog”: Art from Turkey, un appuntamento con buona partecipazione di gente, attratta da più di una curiosità: il prodotto artistico innanzitutto, è ovvio. Ma qualcos’altro ha richiamato pubblico come mosche sul miele. Tutto all’ombra di alti manager della OMV, la maggiore società petrolifera austriaca in qualità di sponsor dell’iniziativa, che va avanti già da alcuni anni e che non è venuta meno con la nuova proprietà russa della fiera. Consiste nel sostegno finanziario ad un gruppo di gallerie turche meritevoli di una partecipazione al meglio alla manifestazione fieristica: quest’anno le prescelte erano sei. In fiera ve ne sono altre dalla Turchia, che però si sostengono da sole. Le sei invece sono raggruppate in stand limitrofi, quasi a formare un virtuale rione cittadino, ma senza confini programmatici o tematici.
Quel qualcos’altro di cui sopra è consistito nella presenza – annunciata – delle due direttrici artistiche della Viennafair 2012, Christina Steinbrecher e Vita Zaman, kazaka la prima, lituana la seconda. Molto giovani e già una invidiabile carriera alle spalle, carine e di talento, non prive di un’aura di charme internazionale. Troppo? Di certo la presenza “anomala” delle due direttrici ha contribuito a vivacizzare tutto l’ambiente fieristico. Per l’occasione, oltre agli occhi del pubblico, foto e videocamere insistentemente su di loro. Loro, per giunta, vistosamente bionde, giusto a sfatare la leggenda pop che sulla piazza viennese fa delle “Blondinen” – l’equivalente delle nostre cosiddette “biondone” – una attraente categoria di cretine patentate. Una leggenda, appunto, ma tant’è, qualche anno fa circolava una barzelletta a rinverdirla.
Le gallerie turche ci hanno per lo più soddisfatto per il linguaggio figurativo spedito, evoluto, creativo e ad ampio spettro con alcuni artisti già affermati a fianco di giovani leve. La Empire Project presenta un Mehmet Guleryuz molto aggressivo con il suo espressionismo grottesco, e incisivi sono anche Jasper De Beijer, Burhan Kum e Erdogan Zumrutoglu. Bene la Mars Istanbul con l’astrattismo di Kemal Seyhan e le proiezioni geometriche di Komet. La Rodeo, poi, mette in mostra la dinamicità plastica di Emre Hüner, insieme ad altri artisti a proprio agio con la modernità e i suoi paradossi. Alla Nev Istanbul, forse la galleria più frequentata dal pubblico, spiccano opere di vera attrazione, come un’installazione di Inci Eviner di tre schermi video accostati per una ricostruzione miniaturizzata del mondo contemporaneo, e tre “affreschi” digitali di Nazif Topçuoglu per una drammaturgia barocca della contemporaneità. Sofisticato il concettualismo di Meriç Algün Ringborg alla Non. E infine la Rampa, tra realtà e aspirazioni con opere di Nibar Güses, Selma Gürbüz, Ahmet Oran e qualche altro.
– Franco Veremondi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati