Tutti indagano, ma Artribune ha i nomi. Le attività chiuse dalla Finanza per irregolarità sarebbero la galleria Anfiteatro Arte di Padova e la casa d’aste Babuino di Roma
Una giornata. Tanto hanno resistito le mezze parole, le indicazioni generiche, utilizzate dalla Guardia di Finanza per difendere il riserbo circa i nomi delle gallerie coinvolte delle indagini in corso per evasione, riciclaggio, elusione, a seconda dei casi, di cui abbiamo parlato ieri. Tutta la stampa – Artribune in prima linea – si è messa […]
Una giornata. Tanto hanno resistito le mezze parole, le indicazioni generiche, utilizzate dalla Guardia di Finanza per difendere il riserbo circa i nomi delle gallerie coinvolte delle indagini in corso per evasione, riciclaggio, elusione, a seconda dei casi, di cui abbiamo parlato ieri. Tutta la stampa – Artribune in prima linea – si è messa alla caccia di indicazioni, conferme, verifiche: senza – almeno da parte nostra – intenti scandalistici, ricerca dello scoop a ogni costo, ma semplicemente per fornire un’informazione più completa.
E alla fine i risultati sono arrivati: due erano le attività più pesantemente coinvolte, per le quali è stata disposta la chiusura momentanea dell’esercizio, ed in entrambi i casi siamo in gradi di fornire informazioni. La prima riguarda la galleria di Padova: a quanto risulta alle nostre fonti, si tratterebbe di Anfiteatro Arte, che sarebbe indagata per il mancato pagamento del diritto di seguito per 350mila euro. Le verifiche da noi fatte lo confermano, anche se abbiamo potuto accertare che i rilievi riguardano procedimenti in atto forse dal 2010, per i quali peraltro la galleria era già stata sanzionata. “Non ho molta voglia di parlare di questa questione, lei mi capirà – ha dichiarato Mattia Munari, ormai ex co-direttore artistico della galleria, raggiunto telefonicamente da Artribune -. Del resto le vicende di questi giorni sono state solo l’ultimo episodio di una frattura che si era creata da tempo, e che mi ha portato a dare le dimissioni…”. E le risposte avute alla nostra telefonata non fanno che ribadire il contenuto di una email fatta circolare in queste ore proprio da Munari: “Dopo diversi anni trascorsi alla in tandem con mio padre Pier Giuseppe, lasciando esclusivamente a lui l’amministrazione dell’azienda, ho deciso di interrompere i miei rapporti con questa galleria d’arte – vi si legge tra l’altro -. Circa un anno fa sono venuto a conoscenza di fatti a me ignoti e lontani dal mio modo di concepire il lavoro che mi hanno indotto a intraprendere la mia strada. Questa divergenza è culminata a luglio 2012 nelle mie dimissioni. Pertanto ad oggi non sussiste più alcun rapporto di collaborazione che mi leghi ad Anfiteatro Arte”. Ovviamente, abbiamo cercato telefonicamente direttamente in galleria, per chiedere dichiarazioni sulla vicenda, ma non abbiamo ricevuto risposte. E saremmo disponibili ancora ad ospitare precisazioni o dettagli in qualsiasi momento. Il nome di Anfiteatro Arte, peraltro, è stato fatto oggi con chiarezza anche dal quotidiano Il Mattino di Padova.
L’altra attività indicata dai comunicati emessi dalle Fiamme Gialle era localizzata a Roma, ma regnava qualche confusione sul fatto se si trattasse di una galleria o di una casa d’aste. Qui Artribune può essere ancora più esaustiva: si tratta della casa d’aste Babuino, ma in questo caso vanno fatte delle precisazioni. L’attività, come ci ha confermato al telefono direttamente il titolare Antonio De Crescenzo, è stata effettivamente colpita da un provvedimento di chiusura momentanea dell’esercizio, ma il giudice ha accolto il ricorso opposto dagli avvocati, ed entro qualche giorno le attività potranno riprendere. Anche in questo caso, al centro dell’attenzione dei militari ci sono i mancati versamenti relativi al diritto di seguito, che De Crescenzo quantifica in una cifra oscillante fra i 50 e i 60mila euro (la stampa ha parlato di 500mila euro).
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