Bartolomeo Pietromarchi curatore del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia 2013. Tra sette contendenti la spunta il direttore del Macro di Roma. Qui una primissima mini intervista
I primi dispacci stampa confermano quanto Artribune era stata in grado di anticipare la scorsa settimana: i candidati per la carica di curatore del Padiglione Italiano alla prossima Biennale di Venezia 2013 erano sette (poi diventati sei per il “no grazie” di Francesco Manacorda, ma questo le note stampa non lo confermano, anche se ve […]
I primi dispacci stampa confermano quanto Artribune era stata in grado di anticipare la scorsa settimana: i candidati per la carica di curatore del Padiglione Italiano alla prossima Biennale di Venezia 2013 erano sette (poi diventati sei per il “no grazie” di Francesco Manacorda, ma questo le note stampa non lo confermano, anche se ve lo possiamo dire con certezza). E a questi sette (anzi sei) è stato richiesto un progetto. Tra i progetti pervenuti, la giuria – tutta interna al Ministero, con il Ministro Lorenzo Ornaghi in testa – ha scelto Bartolomeo Pietromarchi: il curatore romano, a poco più di un anno dalla nomina a direttore del Macro, si conquista così un altro incarico di grande prestigio, su una poltrona che, però, scotta moltissimo dopo le ultime bizzarre (l’aggettivo contiene eufemismo) nostre partecipazioni nazionali in Biennale.
Nelle ultime due edizioni, infatti, l’Italia aveva interpretato in modo un filo folcloristico la propria presenza in Biennale. Il colmo, se si pensa che è proprio l’Italia ad organizzare (pagando in prima persona) un evento, che, al di là di ogni considerazione, resta il più importante al mondo del settore. La scelta, effettuata per la prima volta da un governo tecnico, segna almeno un punticino a favore di Ornaghi (fino a questo punto tanto criticato, a ragione, dal mondo dell’arte contemporanea, Artribune in testa). Sia per la scelta in sè, sia per le modalità con cui è scaturita: una sorta di concorso-clandestino e sottaciuto, per candidati fortunatamente dotati, in media, di ottime qualità e ottimo curriculum.
Per il 2013 Pietromarchi avrà poi una sorta di confronto a distanza con un altro curatore italiano, Massimiliano Gioni, incaricato, dopo tanti curatori stranieri, di dirigere la Biennale e di curare la grande Mostra Internazionale.
“Un progetto che potrà rappresentare in modo significativo il ruolo dell’arte italiana contemporanea nel quadro dei cambiamenti, estesi e profondi, che caratterizzano questa fase storica del nostro Paese“: ecco come Ornaghi ha motivato la nomina di Pietromarchi. Curiosa la liaison tra l’attuale Padiglione Italiano alla Biennale d’Architettura (allestito fino a novembre), diretto da Luca Zevi, e quello del prossimo anno, alla Biennale d’Arte: il primo presenta infatti un’ampia sezione dedicata all’importanza rivestita del pensiero di Adriano Olivetti per l’impostazione sociale e architettonica di fabbriche e uffici della sua azienda. E proprio Pietromarchi, giustappunto, dalla Fondazione Adriano Olivetti di Roma è partito per una carriera di curatore che l’ha portato al Macro transitando per l’Hangar Bicocca di Milano e per il Maxxi.
“Credo che abbia influito sulla scelta – ha raccontato a caldo Pietromarchi ad Artribune – il mio percorso di attenzione e ricerca sull’arte italiana negli ultimi anni. Il Premio Italia al Maxxi e il libro Italia in Opera uscito per Bollati Berlingieri“: una visione che ha convinto l’editore del Padiglione Italiano, ovvero il Ministero della Cultura, forse in tal senso orientato verso i giovani artisti. “Non ho fatto una proposta provocatoria o di particolare rottura – ha continuato Pietromarchi -, ho semplicemente fatto valere un lavoro compiuto sugli artisti italiani da diversi anni a questa parte“. Artisti italiani che potranno occupare il Padiglione in che numero? Sarà una collettiva e, se lo sarà, che “densità” avrà? “Credo che la strada possa essere quella della via di mezzo tra il 2007, quando Ida Gianelli presentò due soli artisti, e gli anni successivi quando si presentarono collettive eccessivamente estese” ipotizza Pietromarchi, che, quando gli chiediamo se il nuovo incarico avrà delle interferenze con quello di direttore del Macro, risponde così: “non inficerà assolutamente l’impegno al Macro cui tengo enormemente. Anzi, sarà un incarico che darà un’ulteriore luce internazionale al Museo d’Arte Contemporanea di Roma“.
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