La degna fine di una Presidente di Commissione Cultura: nella merda! Roma olezza di megaparty a sfondo trash. Problemi? Sì, ci trovi anche rappresentanti delle istituzioni. Prendi Veronica Cappellaro…
Ormai ci siamo abituati. È la mesta abitudine del cittadino indignato, che nell’indignazione inciampa con inconsolabile routine. Farsa quotidiana, tra politica e antipolitica, che va in scena sotto il cielo – caliginoso – della malapolitica: scritto così, tutto attaccato, eloquente neologismo da basso impero contemporaneo. Festini, ostriche, champagne, rimborsi da nababbi, privilegi, avvisi di garanzia, […]
Ormai ci siamo abituati. È la mesta abitudine del cittadino indignato, che nell’indignazione inciampa con inconsolabile routine. Farsa quotidiana, tra politica e antipolitica, che va in scena sotto il cielo – caliginoso – della malapolitica: scritto così, tutto attaccato, eloquente neologismo da basso impero contemporaneo. Festini, ostriche, champagne, rimborsi da nababbi, privilegi, avvisi di garanzia, corruzione: il lessico politico si inceppa nella ripetizione stanca dei cliché della crisi. Che è morale, prima che economica.
Ed ecco un altro party, un’altra orgetta capitolina, nuova testimonianza dei bagordi a cui partecipano, gaudenti, i politici di casa nostra. Stavolta, egregia rappresentante dell’ormai ex governo Polverini, è Veronica Cappellaro, Presidente della Commissione Cultura per la Regione Lazio: colei che la natura non dotò di agile favella, né di pupilla troppo vispa. E che nemmeno un gobbo potè aiutare, quando, davanti all’ingombrante telecamera, si trovò a dover interloquire su temi istituzionali.
Ancora sono fresche le immagini del colossale party greco-romano, che celebrò nell’Olimpo del cattivo gusto i nuovi Dei del trash governativo. Una festa, dice il festeggiato – il consigliere del Pdl De Romanis – pagata coi soldi suoi. Poco cambia. Pur volendo scansare l’odioso ruolo dei moderni crociati moralizzatori – per quello c’è già Grillo – il punto resta un altro. E si riassume, banalmente, in parole come decoro, sobrietà, stile, misura. Parole che, dal glossario della politica, sono scivolate via, quasi a irridere a un Paese che di stenti vive, non certo di festini.
Siamo a Palazzo Ferrajoli, a un tiro di schioppo da Palazzo Chigi. Qui, pochi giorni fa, gli allegri ospiti partecipavano nientepopodimeno che a un merda-party. Proprio così: il tema, edificante, era la cacca. Due water sudici all’ingresso, su cui accomodarsi per farsi fotografare, slip e pannolini (sporchi) stesi, rotoli di carta igienica, tavole imbandite con cibo dalle escrementizie fattezze. Insomma, montagne di merda, per una serata di simpatica coprofilia. La scenografia prevedeva anche graziose colf, con stivaloni intinti nel letame, pronte a pulire i residui – veri? Finti? – organici, infermiere con bacinelle, spazzoloni per wc e urinali in dotazione, finti operai della Fiat ridotti in mutande e le classiche maschere da porco, immancabili in simili consessi.
Come dire: gli italiani sono ormai nella cacca. Delizioso sfottò, che l’aristocrazia dedica al popolo in miseria. Riuscendo, forse, a dipingere principalmente sé stessa.
Tutto documentato: illustri personaggi e agghindati vip – da Cicciolina, alla contessa De Blank, dal playboy Paolo Pazzaglia alla super coppia Carmen Russo-Enzo Paolo Turchi – si concedevano all’obiettivo, fieri di cotanto buongusto. Tra loro, anche la signora Cappellaro. Che, certamente, sarà caduta in un tranello: pensando si trattasse di un salotto letterario o di un opening di scultura concettuale, si sarà invece trovata, ignara, in mezzo a quel bailamme scostumato.
Che dire? Se dal letame nascono i fior, speriamo che la primavera arrivi presto. Tra i palazzi del potere prima, e nelle case degli italiani poi. E del resto, a quanto pare, Veronica avrebbe infine confessato: troppo rumore per nulla… Era solo una festa di merda!
– Helga Marsala
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