Quando a vincere è la Quite Architecture. Va a Stanton Williams per i Sainsbury Laboratory lo Stirling Prize 2012
La prima sensazione che si ha vedendo il volume, è quella di trovarsi in un headquarters, raffinato centro direzionale nel cuore della verde Inghilterra. Poi ci si avvicina, e quello che si nota – e che ha colpito la giuria – è che si tratta, invece, di un complesso di laboratori, voluti dalla Cambridge University, […]
La prima sensazione che si ha vedendo il volume, è quella di trovarsi in un headquarters, raffinato centro direzionale nel cuore della verde Inghilterra. Poi ci si avvicina, e quello che si nota – e che ha colpito la giuria – è che si tratta, invece, di un complesso di laboratori, voluti dalla Cambridge University, proprio nel bel mezzo dei Giardini Botanici. A realizzare l’elegante blocco di edifici da 11mila mq dei Sainsbury Laboratory è Stanton Williams, architetto londinese che, grazie a quest’opera non solo si è aggiudicato il RIBA Stirling Prize 2012 (massimo riconoscimento dell’architettura britannica) ma ha anche aperto le strade ad un nuovo modo di pensare la scienza: mai prima d’ora un centro di ricerca era stato shortlisted per un premio cosi importante. Mai candidato, e ovviamente mai vincitore. Senza contare poi, che ha messo in riga avversari di tutto rispetto: David Chipperfield, OMA, i favoriti O’Donnel + Tuomey e Populous.
Ciò che maggiormente ha impressionato i giudici è il suo essere una “Quite architecture”, un’architettura della calma, che seppur funzionale, eleva il suo status estetico al massimo grado di qualità, celebrando il concetto stesso di laboratorio specialistico e offrendo agli scienziati che vi lavorano incredibili viste sul paesaggio circostante. Del progetto, i giudici hanno particolarmente amato la profonda sostenibilità, non intesa solo in termini di performance energetica (BREEM Excellent) ma anche in termini di flessibilità e adattabilità dell’edificio, al sito e a se stesso. Il concept di fondo è quello darwiniano del “Thinking Path”, vale a dire luogo che, mediante un percorso, possa stimolare riflessione, dibattito e interazione. Cosi, l’idea di ragionare per strati che si aggregano, porta alla creazione di volumi costituiti da layers alternati di pietra e cemento, la cui solidità bilancia la permeabilità della parte superiore, completamente vetrata. Sempre nel rispetto di apertura/sicurezza e pubblico/privato, sono suddivise le zone funzionali: al piano terra delle conference room e un caffè aperto a tutti, mentre ai piani alti i laboratori di ricerca, poeticamente illuminati da luce zenitale incanalata da lucernari sagomati in cls ( proprio come nei musei, molto Renzo Piano).
Una morfologia di per sé classica, ben bilanciata e piena zeppa di dettagli, con tonalità materiche calde ed uniformi che comunicano un senso di calma. Finalmente premiata un’opera dall’architettura raffinata e non urlata. Perché qui a vincere non sono i muscoli, ma il cervello…
– Giulia Mura
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