Alberto Garutti non aveva una scultura pubblica a Milano. Adesso ce l’ha. Foto e video della nuova opera sotto il grattacielo più alto d’Italia, a Porta Nuova
Sta per diventare il distretto verticalmente più costruito del centro di Milano ecco perché l’artista, non potendo competere sul senso della vista con le grandiose torri, ha puntato sul senso dell’udito. E così l’area è diventata il primo spazio pubblico a Milano ad ospitare un’opera permanente di Alberto Garutti. Ai piedi dell’edificio più alto del complesso – e d’Italia -, […]
Sta per diventare il distretto verticalmente più costruito del centro di Milano ecco perché l’artista, non potendo competere sul senso della vista con le grandiose torri, ha puntato sul senso dell’udito. E così l’area è diventata il primo spazio pubblico a Milano ad ospitare un’opera permanente di Alberto Garutti. Ai piedi dell’edificio più alto del complesso – e d’Italia -, locato dal Gruppo Unicredit, all’interno della piazza di 2.300 metri quadrati disegnati dall’architetto Cesar Pelli, 23 tubi in ottone cromato diventano metafora d’ascolto. In cerca di quei suoni che quotidianamente si disperdono e si cancellano, al di sotto della superficie urbana.
L’installazione, dal titolo Egg, si sviluppa in verticale su quattro livelli, dai piani del parcheggio a quelli superiori, e attraverso ogni tubo è possibile, appoggiando l’orecchio ad ogni apertura, ascoltare suoni, rumori, parole provenienti dall’altro capo dello stesso, posizionato in un altro punto dell’edificio. Garutti stesso (impegnato in questi mesi a Milano con tante mostre e iniziative che gli hanno fatto guadagnare anche un grande speciale sull’attuale numero di Artribune Magazine) sottolinea che questa installazione “prende forma nel tentativo parallelo di entrare in relazione da un lato con l’architettura stessa che la accoglie, dall’altro con le persone che fruiranno quello spazio: cittadini, passanti, frequentatori casuali o quotidiani”. Con questo intendo, dunque, i “ventitré tubi in metallo cromato ottone che si allungano attraverso il cavedio vuoto che permette il ricircolo dell’aria dai piani del parcheggio a quelli superiori, mettendo in relazione luoghi e spazi dell’architettura tra loro apparentemente distanti e privi di relazione visiva”.
Auguriamoci che questa sia solo una delle opere d’arte contemporanea del complesso di Porta Nuova-Garibaldi, una grandiosa operazione architettonica (singolare per un’Italia indolenzita dai “no” a tutto ciò che è nuovo) che acquisirebbe ulteriore valore a diventare anche piattaforma artistica.
– Ginevra Bria
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