Cultura sotto sfratto, a Firenze cala il sipario sulla Libreria Edison. Una performance invita a non restare nel silenzio: qui ci sono foto e video…
Tempi duri, per il mondo della cultura a Firenze. Negli stessi giorni in cui giunge notizia dello sfratto di Tempo Reale dalla sede di Villa Strozzi, proprio nel centro del capoluogo toscano sta calando il sipario sulla Libreria Edison, costretta a lasciare la sua sede in Piazza della Repubblica. Poco più di un anno fa […]
Tempi duri, per il mondo della cultura a Firenze. Negli stessi giorni in cui giunge notizia dello sfratto di Tempo Reale dalla sede di Villa Strozzi, proprio nel centro del capoluogo toscano sta calando il sipario sulla Libreria Edison, costretta a lasciare la sua sede in Piazza della Repubblica. Poco più di un anno fa era toccato alla Libreria Martelli, prima ancora a Seeber, e l’inquietante silenzio che cala gradualmente sul mondo dei libri e sulla cultura è prontamente rimpiazzato da Nespresso, Hard Rock Café e (un ventilato, ma ancora in forse) Apple Store.
Per protestare contro questo impoverimento (non certo commerciale), le due giovani artiste Mona Mohagheghi e Jonida Xherri messo in scena i propri interventi performativo/installativi proprio sulle pedane e gli scaffali ormai vuoti della Libreria Edison. La prima – nel video ne vedete alcuni momenti – ha messo in scena la censura della parola, scucendo dal proprio vestito bianco le lettere dapprima applicate con filo nero. La seconda, in un laboratorio con i bambini della Scuola per l’Infanzia Margherita Fasolo di Firenze, ha affidato ai “custodi del futuro” il compito di riempire quegli scaffali che via via vengono svuotati.
Produzioni non eccelse sul piano artistico, e che ancora risentono di una certa pesantezza accademica, ma che, specie nella parte performativa, hanno intimamente coinvolto il pubblico, invitandolo a una partecipazione attiva e consapevole. E resta forse infine il dubbio, di fronte al carattere implicitamente luttuoso di queste esperienze, se il risveglio delle coscienze potrà bastare per interrompere il processo in atto, e se la bellezza (come qualcuno un tempo sosteneva) sia ancora sufficiente per salvare il mondo…
– Simone Rebora
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