Dopo Isaac Julien, gran finale a Lo schermo dell’arte. Tra soap-opera, spaghetti western e trilogie metropolitane, ecco i premiati del Festival fiorentino
Grande protagonista dell’ultima giornata dello Schermo dell’arte è stato Isaac Julien: apertura con il talk condotto da Heinz Peter Schwerfel e a seguire Focus On, con la proiezione dei cortometraggi Baltimore, True North e The Leopard. Così, anche quest’anno, il festival fiorentino che mixa cinema e videoarte è giunto al termine, con la sua crescente […]
Grande protagonista dell’ultima giornata dello Schermo dell’arte è stato Isaac Julien: apertura con il talk condotto da Heinz Peter Schwerfel e a seguire Focus On, con la proiezione dei cortometraggi Baltimore, True North e The Leopard.
Così, anche quest’anno, il festival fiorentino che mixa cinema e videoarte è giunto al termine, con la sua crescente offerta di documentari d’autore e opere in anteprima italiana. Tante le novità (come il Workshop VISIO, che ha coinvolto 15 giovani artisti internazionali) e una terza edizione del Premio, finalizzato alla produzione di un video di un giovane artista italiano. Il vincitore 2012, scelto dalla giuria composta da Andrea Lissoni, Barbara Casavecchia e Silvia Lucchesi, è Carlo Gabriele Tribbioli (presentato da Milovan Farronato) con il progetto Trilogia dello Sposo Divino. Un lavoro in corso già da anni, per il quale l’autore ha raccolto dal 2009 oltre 70 ore di materiale video. L’ obbiettivo? Realizzare un “ritratto metaforico” di tre città (Rotterdam, Tokyo e Fès) mescolando la documentazione all’azione. L’appuntamento per vedere il lavoro completato è con lo Schermo dell’arte 2013.
Ma la serata di domenica 25 novembre ha visto al centro anche il film vincitore del Premio 2011, Per troppo amore – Incompiuto siciliano, del collettivo Alterazioni Video, proiettato in anteprima assoluta. Definito dai suoi stessi autori “una via di mezzo tra lo spaghetti western e il neorealismo stile youtube”, questo “TurboFilm” tenta un rovesciamento dei canoni estetici su molteplici livelli. Da un lato, il film propone una riqualificazione degli “incompiuti” di Giarre, cittadina in provincia di Catania: cattedrali nel deserto prodotte da sciagurati (e non di rado malavitosi) progetti architettonici. In secondo luogo, Per troppo amore invita ad ampliare il concetto stesso di videoarte, arricchendosi di un intervento diretto sui media, ma anche ibridandosi con generi eterogenei, spesso al limite del trash più spinto. Il risultato finale lascia non poco interdetti, con quell’estetica sudaticcia da soap-opera psichedelica. Talmente delirante da svelarci che a doppiare un cane randagio c’era nientepopodimeno che l’antropologo Marc Augé: un’entità aliena, precipitata sull’isola, che decide di incarnarsi nel quadrupede per passare inosservata e ispezionare il pianeta. Surrealismi in salsa sicula.
– Simone Rebora
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