Florens Updates: Monteverdi quattro secoli dopo, al femminile. Al Museo Marini di Firenze Il Ballo delle Ingrate rivisto da Letizia Renzini, ecco le foto
Ai luoghi di Florens si aggiunge anche il Museo Marini, con un mix di canto, musica, danza, infiltrazioni elettroacustiche, video e installazioni ambientali; i vari elementi si combinano nel Ballo delle Ingrate della performer e artista visuale Letizia Renzini. Lo spettacolo ispirato all’omonima operina composta nel 1608 da Claudio Monteverdi per le nozze tra Francesco […]
Ai luoghi di Florens si aggiunge anche il Museo Marini, con un mix di canto, musica, danza, infiltrazioni elettroacustiche, video e installazioni ambientali; i vari elementi si combinano nel Ballo delle Ingrate della performer e artista visuale Letizia Renzini. Lo spettacolo ispirato all’omonima operina composta nel 1608 da Claudio Monteverdi per le nozze tra Francesco Gonzaga e Margherita di Savoia, si sviluppa, in chiave contemporanea, intorno al motivo dell’emancipazione femminile. La donna forte, spregiudicata, ribelle che non si adatta alle regole della società patriarcale pur non rinunciando alla propria sensibilità – da sempre presente nell’immaginario come controparte a quella figura più idealizzata che Goethe definì “eterno femminino” – diventa materia per una serie di variazioni formali: al canto solista del soprano Sabrina Meyer si alternano apparizioni di moderne baccanti che frantumano stoviglie, tre Grazie che mimetizzano con le posture del corpo le pose scultoree e pittoriche classiche, una Diana amazzone armata di arco. Di sottofondo, come un basso continuo, ci sono la tecnologia – l’ambiente è sempre “costruito” tramite videoproiezioni e ambienti sonori – e la voce, che nell’alternanza tra cantato e parlato sembra mirare a uno svuotamento dei significati.
Pur convincendo la capacità di distribuire il ballo come uno spettacolo itinerante nei vari spazi del Museo ex-chiesa – lo spettatore si immerge in un viaggio multi sensoriale – e la potenza di alcune intuizioni visive, alla fine si ha l’impressione che le tante componenti non si integrino davvero tra loro. L’insieme risulta un po’ vago, lasciando il dubbio se l’obiettivo fosse un equilibrio narrativo da raggiungere attraverso i continui cambiamenti di scena, oppure, al contrario, il dissolvimento dell’equilibrio stesso. Artribune era presente alla prima, eccovi alcune foto…
– Matteo Innocenti
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