Il fondoschiena di Kate Moss come una tela per il pittore Lucian Freud. “Ho detto che mi piacevano gli uccelli e il maestro si è messo all’opera”. Tatuaggio d’autore con due rondinelle, proprio lì
L’allarme fake è d’obbligo: vuoi perché la fonte, considerati i frequenti colpi di testa e le cadute nell’esagerazione, si è giocata da tempo la carta della credibilità. Vuoi perché la controparte, che poteva fornire la prova del nove e confermare il tutto, giace da qualche anno sotto il proverbiale metro di terra. Da prendere con […]
L’allarme fake è d’obbligo: vuoi perché la fonte, considerati i frequenti colpi di testa e le cadute nell’esagerazione, si è giocata da tempo la carta della credibilità. Vuoi perché la controparte, che poteva fornire la prova del nove e confermare il tutto, giace da qualche anno sotto il proverbiale metro di terra. Da prendere con beneficio di inventario allora il curioso art-outing affidato da Kate Moss all’edizione UK di Vanity Fair, con la controversa top model che giura di essere stata tela vivente per Lucian Freud. Imputando al pittore la mano che ha piazzato, poco sopra il suo fondoschiena, un brillante e innocente tatuaggio. L’operazione risalirebbe a una decina di anni fa, quando una Moss in attesa della figlia Lila Grace aveva in effetti posato senza veli per Freud. Una chiacchiera tira l’altra e tra modella e maestro si trova un argomento in comune: la passione per i tattoo, che Freud avrebbe maturato negli anni prestati durante il secondo conflitto mondiale alla Marina di Sua Maestà, esercitandosi sulla pelle dei suoi commilitoni.
Da qui la richiesta, da parte dell’artista, di lasciare un segno sulla top: ben contenta di lasciarsi porre poco sopra le natiche due piccole rondinelle d’autore, soggetto scelto perché “ho detto che mi piacevano gli uccelli”, assicura la Moss. Ben conscia del valore che il tatuaggio assegna al suo lato B: “mi chiedo quanto un collezionista avrebbe pagato per questo? Alcuni milioni di euro? Se tutto va storto potrei ottenere un trapianto di pelle e venderlo!”.
– Francesco Sala
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