Obbiettivo Bilbao. Grande battage socio-economico per l’apertura del Louvre Lens: ed a celebrare la nuova opera di SANAA arriva pure Francois Hollande
Ci risiamo. Pare che a Lens – cittadina a nord di Lille – stiano provando a ripetere l’operazione compiuta qualche anno fa, più aggressivamente, a Bilbao, e il miracolo che portò la cittadina basca in piena crisi a tornare sulla cresta dell’onda nel dibattito architettonico globale con l’apertura di un Guggenheim. Che si è rivelato […]
Ci risiamo. Pare che a Lens – cittadina a nord di Lille – stiano provando a ripetere l’operazione compiuta qualche anno fa, più aggressivamente, a Bilbao, e il miracolo che portò la cittadina basca in piena crisi a tornare sulla cresta dell’onda nel dibattito architettonico globale con l’apertura di un Guggenheim. Che si è rivelato anche un motore economico più ampio. Per riuscirci occorrono però alcuni ingredienti, necessari a compiere un cambio di polarità: prendere un supermuseo che macina otto milioni di visitatori annui, come il Louvre, con una sede storica a Parigi enorme e vincolatissima, inserire un ampliamento mediatico-turistico studiato nei dettagli, un’archistar planetaria dotata di classe, metterci poi un’ingente somma di denaro, aggiungere pubblicità culturale, una data iconica per la sua inaugurazione (12.12.12), aspettare almeno due anni per la realizzazione ed il gioco, signore e signori, è compiuto!
Certo, la questione relativa al sovraffollamento dei magazzini nei musei d’arte mette in risalto un altro problema, più curatoriale: chi ha visitato il Louvre – e tutti l’hanno fatto almeno una volta nella vita – sa quanto faticoso sia, quanto infinito, quanto tradizionale. La scelta di aprirne, per questo, una filiale satellite in provincia, più flessibile e sperimentale, dove poter esporre a rotazione altri pezzi della sua sconfinata collezione, ha pregi e difetti.
Sicuramente Kazujo Sejima e Ryue Nishizawa, al secolo SANAA (coadiuvati dallo studio Imrey Culbert e dai Mosbach Paysagistes) sono tra gli architetti contemporanei più effimeri, rispettosi e poetici. Ma è vero che una succursale è pur sempre una succursale, per quanto bella sia. Cinque padiglioni dalla volumetria regolare, parallelepipedi in vetro e acciaio, luminosi, trasparenti, puliti, integrati con l’intorno e linkati al fiume, in parte riflettenti grazie all’utilizzo di un particolare alluminio anodizzato, non sono certo paragonabili alla grandeur della casa madre. Ma è ovvio che non ha senso fare un paragone. Anzi, Celia Imrey dice “consideriamo questo edificio tutto ciò che il Louvre di Parigi non è”. Piuttosto, ha senso capire se un nuovo polo museale da 300mila mq di cui “soli” 75mila espositivi –con i restanti 225mila dedicati ad attività collaterali – abbia valore. Pare infatti che qui l’operazione sia più raffinata, con un contenitore che grazie alla sua neutralità architettonica si dissolve, si fa da parte, e lascia spazio, per una volta, alle opere d’arte e al loro ruolo educativo, anche lontano dai canonici centri propulsori.
Un museo – la cui preview è fissata il 4 dicembre, alla presenza del premier Francois Hollande – che sceglie di aprirsi soprattutto alla gente, con una selezione allestitiva trasversale per favorire la comprensione degli oggetti esposti, con una grande biblioteca multimediale, spazi pubblici, caffè, auditorium da 300 posti e che apre la sua storage area per brevi visite guidate da 15 persone alla volta, affinché di una mostra non si apprezzi solo il risultato, ma tutto il lavoro.
– Giulia Mura
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati