Anche Treviso ha la sua Macao. Anzi, ne ha più d’una: proseguono le occupazioni del collettivo ZTL, che dopo l’ex Camuzzi si insedia nell’area ex Telecom. E promette di restare a lungo
Dici Treviso e pensi, istintivamente, a due cose. La prima: il radicchio rosso. La seconda: le mostre di Marco Goldin alla Casa dei Carraresi. Messa in frigo l’insalata e salutato il guru nostrano delle mostre blockbuster, la città torna agli onori delle cronache per nuovi segnali di reazione al torpore quotidiano. Chissà che ne pensa […]
Dici Treviso e pensi, istintivamente, a due cose. La prima: il radicchio rosso. La seconda: le mostre di Marco Goldin alla Casa dei Carraresi. Messa in frigo l’insalata e salutato il guru nostrano delle mostre blockbuster, la città torna agli onori delle cronache per nuovi segnali di reazione al torpore quotidiano. Chissà che ne pensa l’ottuagenario Giancarlo Gentilini, per due mandati sindaco dal pugno di ferro e dalle dichiarazioni al vetriolo – accusato di razzismi vari e disinvolti – della nuova occupazione dell’area degli ex magazzini Telecom di via Dandolo, oggi nelle mani di una immobiliare. A forzare gli accessi il collettivo ZTL Wake Up, che gioca nell’acronimo con le Zone a Traffico Limitato e si riferisce, invece, a Zone Temporaneamente Liberate: consegnate a seguito di blitz estemporanei alla più giovane collettività, quella che esprime urgenze sempre più incomprimibili. Il refrain non è diverso da quello espresso, a suo tempo, dalla milanese Macao: a Treviso – così come altrove – non si riconosce la presenza attiva di spazi e luoghi in grado di accogliere la creatività giovanile; al contrario non mancano aree dismesse, e così si passa al modo più spiccio per far incontrare domanda e offerta. Occupare. E via.
Il caso di Treviso risulta diverso, e per questo interessante e intrigante, per un paio di motivi. Soprattutto per quel “temporaneamente” che campeggia nel cuore del collettivo che anima questi esperimenti di elettroshock urbano. È una tattica di guerriglia quella di ZTL: che seleziona l’obiettivo, elabora un piano, lo mette in atto nell’arco di pochi giorni, ne rileva il successo e scompare; lasciando tutto così com’era. Limitandosi a dimostrare che “un altro modo è possibile”, senza per questo incartarsi nello stillicidio di passi più lunghi della gamba, che rischiano di veder sfumare all’orizzonte obiettivi non sempre chiarissimi. A ottobre era accaduto nell’area ex Camuzzi, con gli studenti delle scuole ad occupare per una manciata di giorni il Bastione nei pressi della stazione degli autobus: un evento funestato da maxi rissa tra gli occupanti e gruppi della destra alternativa. È accaduto di nuovo, nei giorni scorsi, all’ex Telecom; già teatro nel recente passato di altre esperienze del genere. Workshop autogestiti di fotografia, street-artists al lavoro, musica e tutto il panorama delle arti varie; il placet e il sostegno del rocker, pittore e opinionista Ricky Bizzarro, icona locale dell’underground; un Capodanno “sociale” con veglione al prezzo politico di un euro.
Un faro acceso, che punta dritto su uno dei diversi buchi neri della città: l’avvio del cantiere firmato Mario Botta per nuove residenze nell’area ex Appiani non esaurisce la questione degli spazi da reinventare; costretti, al momento, a tristi monumenti di un’industria che non c’è più. E il messaggio lanciato dal collettivo, questa volta, sembra volere un megafono più potente: quello scaltro “temporaneamente” intende dilatarsi in un enigmatico “fino a data da destinarsi”. Nel senso che l’occupazione prosegue, nelle intenzioni, ad libitum. Chi vivrà vedrà.
– Francesco Sala
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