Design meteorologico, quello di Mathieu Lehanneur, per un progetto rivolto ai malati terminali. Nell’hospice di uno degli ospedali di Parigi Tomorrow is another day
Un oblò che guarda al futuro prossimo, anticipando – in forma estetizzata – il meteo del giorno dopo; riproducendo i colori e la luce che si realizzeranno in un hic et nunc scelto dal paziente, cui resta il placido, contemplativo e armonico ultimo abbraccio con l’idea di casa. Non un reparto facile l’hospice dell’ospedale Diaconesses […]
Un oblò che guarda al futuro prossimo, anticipando – in forma estetizzata – il meteo del giorno dopo; riproducendo i colori e la luce che si realizzeranno in un hic et nunc scelto dal paziente, cui resta il placido, contemplativo e armonico ultimo abbraccio con l’idea di casa. Non un reparto facile l’hospice dell’ospedale Diaconesses Croix Saint-Simon di Parigi, chiamato ad accogliere ogni anno gli ultimi momenti di decine di malati terminali; soggiorni brevi, in media non superiori ai dieci giorni, segnati dalla somministrazione di cure palliative, effimero sollievo in attesa del declinarsi del destino. Non c’è proprio nulla di piacevole, in quelle stanze e quei corridoi; c’è però, da qualche giorno a questa parte, il garbato e sensibile progetto firmato da Mathieu Lehanneur, designer quarantenne con portfolio importante (Nike, Cartier, Sony, Flood) e pezzi in collezione al MoMA e al FRAC; fresco di ingaggio per ideare le stazioni di wi-fi pubblico in giro per i boulevard della Ville Lumiére.
Tomorrow is another day non offre illusorie speranze a chi non ne ha più; ma regala preziosi attimi di empatia. Le dimensioni sono quelle di un piccolo televisore circolare, applicato alle pareti delle stanze d’ospedale: un software ad hoc, elaborato in collaborazione con France Meteo, permette di tradurre in pattern colorati le informazioni meteo del giorno dopo; così come saranno nella città natale del malato, o in qualsiasi altra località questi scelga.
Il progetto, costato 200mila euro, è passato dal prototipo alla produzione grazie al sostegno di una cordata di mecenati, dalla Fondazione Hermès alla Carpenters Gallery; e si inserisce nel recente interessante filone che vede designer e architetti di grido scendere in corsia. Dopo le stampelle e i deambulatori firmati, in Francia, da Philippe Starck, prosegue nel Regno Unito la nascita dei Cancer Caring Centres ispirati dalla memoria di Maggie Keswick, scrittrice e paesaggista. Il suo lascito ha permesso di avviare la realizzazione di dieci strutture per il sostegno psicologico ai malati terminali, tutte affidate ad archistar: Rem Koolhaas a Glasgow, Zaha Hadid alle porte di Edimburgo, Frank Gehry a Dundee. E per il papà del Guggenheim non si tratta della prima volta: inaugurato solo pochi mesi fa il suo Cleveland Clinic Lou Ruvo Center for Brain Health, che a Las Vegas si occupa di curare malattie degenerative del cervello.
– Francesco Sala
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