Milano città grigia? E invece no: è giallo il suo colore dominante. Parola di Klaus Fruchtnis e Pau Garcia, in residenza tra IED e Studio Azzurro. Le loro mappature in mostra alla Fabbrica del Vapore
È un tenue e sobrio giallo pastello. Ed è il colore che più rappresenta Milano, finalmente ripulita dalle fosche tinte di un grigio pregiudiziale. Non ci credete, vero? Eppure ci sono le prove: le forniscono il franco-colombiano Klaus Fruchtnis, classe 1978, e il catalano Pau Garcia, ospiti della città nell’ambito di una residenza presso l’FDV […]
È un tenue e sobrio giallo pastello. Ed è il colore che più rappresenta Milano, finalmente ripulita dalle fosche tinte di un grigio pregiudiziale. Non ci credete, vero? Eppure ci sono le prove: le forniscono il franco-colombiano Klaus Fruchtnis, classe 1978, e il catalano Pau Garcia, ospiti della città nell’ambito di una residenza presso l’FDV Residency Program curato da Careof DOCVA. Due mesi a spasso da un quartiere all’altro, seguendo gli spunti e le indicazioni di Studio Azzurro e IED: lo scopo è quello di ridisegnare la città, nella sintesi più completa tra l’indagine sul campo e la sua resa, estetizzata, tramite il linguaggio di un’arte filtrata attraverso nuove tecnologie. Insistito il ricorso all’interazione con l’altro, in una forma di arte relazionale e sociale versione 2.0: i percorsi degli artisti sono mappati con un sistema gps e condivisi su blog, arricchiti e modificati nel confronto con i frequentatori della piazza virtuale. Nascono mappe relazionali, collezioni di immagini disparate: assemblate con sistemi che ammiccano all’infografica; ma anche seguendo soluzioni meno didascaliche. Le risposte a domande specifiche sui luoghi più amati della città diventano, una volta ricondotte ad unità modulari, mattoni per sculture ossute e sinuose; o anche leggeri elementi per strutture mobili, su cui proiettare eleganti giochi di luce.
Il tutto pervaso da quel giallo un po’ dimesso che vuole essere tono simbolo della città: lo dice l’analisi puntuale delle dominanti cromatiche censite camminando per strada, testimoniando i colori di muri, cartelli e insegne. Common Ground, il terreno comune su cui si gioca l’intero progetto, è in mostra alla Sala delle Colonne; a un passo da quella Fabbrica del Vapore dove si riattivano le macchine tenute al riposo durante le feste di fine anno. Ultimo giro di calendario per Body Worlds: i cadaveri donati alla scienza, forti ad oggi di 90mila visitatori, vengono accompagnati per i definitivi trenta giorni di esposizione da un ricco calendario di interventi accessori. Tra un talk con Umberto Galimberti e performance di danza contemporanea, c’è posto pure per Carnem: in mostra i modelli gli allievi dell’Istituto Marangoni ed una ricca selezione di fotografiche che raccontano, nella cruda e ammiccante atmosfera del bianco e nero, la sensuale e ingombrante percezione del corpo nella società dell’immagine.
– Francesco Sala
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